“1 per Stan, 2 per Li Na” la filastrocca di Melbourne risuona più o meno così con buona pace di chi ha azzeccato questa strana accoppiata vincente. Fuori Williams, Azarenka, Sharapova fra le donne, Djokovic, Nadal e Murray fra gli uomini, una mini rivoluzione che di certo aumenta l’interesse fornendo validissime alternative ai soliti noti. In ordine temporale, nella prima finale di sabato, la cinese affrontava l’ultimo scontro sul Centrale per la terza volta in carriera, ben consapevole di annoverare ancora 0 successi. Non a caso, nonostante l’inizio positivo (2-0), il braccio non è quello delle giornate migliori e trema davanti all’occasione di portarsi 3-0, cominciando a “ciccare” troppi dritti aperti. Se dalla parte del rovescio Li Na è praticamente letale, sul lato opposto manifesta ancora troppe incertezze e su queste costruisce il primo set la slovacca Cibulkova, laureatasi maestra di tattiche e strategie, dopo le convincenti vittorie su Sharapova e Radwanska.
Dopo 70′ si arriva così alla ovvia conclusione con la regina di Parigi 2011 (brutti ricordi per la nostra Francesca Schiavone), che si impone 7-3 al tie-break. La partita in pratica si chiude qua, perchè nei restanti 27′ si assiste ad uno show solitario con la cinese finalmente libera da pressioni psicologiche, che sciorina colpi vincenti in serie, chiudendo in un angolo la malcapitata Dominika, umiliata con un rotondo 6/0. Per la quarta volta nella storia del torneo, una giocatrice che si è vista costretta ad annullare un match -point, conquista il successo, il secondo personale negli Slam, con la 3a posizione nel ranking riconquistata e secondo gradino che dista 11 miseri punti. Nello specchietto di Vika Azarenka, gli occhi di Li Na già brillano ferocemente.
Se la vincitrice ha sorpreso, cosa dire del vincitore? Un uomo “nuovo”, un campione sbocciato e maturato in ritardo rispetto ai coetanei, ma che ora si affaccia con merito sul grande palcoscenico senza voler tornare dietro le quinte.
28 anni, 36 majors alle spalle, l’ombra di Federer costantemente proiettata sulla propria carriera, per Stan Wawrinka è giunta veramente la svolta. E arriva nella maniera più inaspettata, ma splendida e meritatissima, facendo fuori prima il campione uscente nonchè numero 2 del mondo e poi in finale la bestia nera, il numero 1, Rafa Nadal. Era dai tempi di Sergi Bruguera (Roland Garros 1993), che un giocatore non trionfava in questo modo, fa notizia anche la fine della serie “maledetta” che lo vedeva soccombere da 12 partite consecuitve contro il maiorchino. Questa volta per Rafa, un trattamento che di solito riserva agli avversari, che spesso gli si presentano di fronte, spremuti da “battaglie fratricide” che li riducono ai minimi termini moralmente e fisicamente. Così alle prime avvisaglie di imperforabilità del muro giallorosso, si sciolgono come neve al sole senza opporre resistenza. Quarti di finale e semifinale hanno minato nel fisico il guerriero e così nel secondo set, la schiena fa “crac!” costringendolo ad una sosta prolungata con il fisioterapista nel tentativo di riacquistare una minima tenuta fisica. Onore all’atleta, allo sportivo e all’uomo che per rispetto di pubblico, evento, avversario evita la “facile scorciatoia” del ritiro, rimanendo a lottare sul campo con quanto ha in corpo. Un esempio davvero da seguire!
Il finale è comunque meritatamente rossocrociato, 6/3 6/2 3/6 6/3 in quasi 2ore e mezza di tennis, nelle quali Wawrinka ha avuto un unico passaggio a vuoto nel terzo parziale, quando forse ha cominciato a capire, che il sogno questa volta si sarebbe davvero realizzato. La nuova dieta, i consigli del coach (Magnus Norman), la nuova mentalità ed il tatuaggio sul braccio (con una massima che invita a continuare a tentare nonostante i fallimenti), sono ormai parte integrante di un campione vero, che (parole del suo avversario) “ha meritato di vincere”…finalmente aggiungiamo noi!
(commento di Luca Polesinanti)