I perché di Letta a Sochi

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LettaLe polemiche che accompagnano i Giochi Invernali di Sochi, considerati da molte parti una grande vetrina e un’operazione di immagine voluta dal presidente russo Vladimir Putin, hanno coinvolto inevitabilmente i governi dei Paesi partecipanti i cui rappresentanti sono stati invitati a presenziale alla cerimonia inaugurale. La contestazione politica e diplomatica in occasione degli appuntamenti a cinque cerchi ha avuto la sua escalation negli anni ’80 con il boicottaggio americano e occidentale dei Giochi estivi di Mosca e la risposta pronta quattro anni dopo dell’allora blocco sovietico a Los Angeles.

Il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha scritto al Corriere della Sera che ha pubblicato la lettera contenenti le ragioni che lo hanno spinto ad essere presente a Sochi in occasione della cerimonia di apertura della XXII edizione delle Olimpiadi Invernali. Letta rivendica la scelta di essere al fianco dei 113 atleti italiani, pur senza sottrarsi al dibattito sull’opportunità della sua presenza. Qualcuno ha detto che sarebbe stato meglio disertare per manifestare più esplicitamente il dissenso del nostro governo – già peraltro inequivocabile – rispetto alle discriminazioni nei confronti delle persone omosessuali e alla limitazione delle libertà di espressione – recita il passaggio iniziale di Letta – In molti tuttavia hanno preferito esserci, a partire dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che senz’altro non può essere tacciato di mollezza nella causa universale di difesa dei diritti. Il testo della lettera continua così: non ho la presunzione di assegnare le pagelle su quale sia lo strumento più efficace di affermazione dei propri valori in questa vicenda: se la strada della pressione diplomatica forte, la «moral suasion », i gesti simbolici, il confronto aperto. Per me lo sport non è politica. È però dimensione pubblica. È cultura delle regole, competizione tra pari, aggregazione sociale. In un campo di basket, come in una pista di neve o di ghiaccio, non conta da dove vieni, quanto guadagni, che religione professi, che partito voti. Non conta quali sono le tue inclinazioni sessuali. In un campo e in una pista contano l’agonismo, il sudore, la testa. Vinci o perdi, ma per dare il meglio di te puoi fare affidamento solo sui talenti e la fatica. È così, dopo anni di sacrifici, che i nostri atleti sono arrivati a Sochi. Rappresentano l’Italia. Sfilano dietro il tricolore. Sono portatori dei valori che la nostra bandiera in sé compendia: la libertà, l’eguaglianza, la condanna di ogni forma di discriminazione. Principi inscritti nella Costituzione repubblicana come pure, a ben vedere, nella più profonda identità europea, quella che ha modellato anche lo spirito olimpico, antico e moderno.

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Essere in Russia – da presidente del Consiglio di un Paese che storicamente tanta parte ha avuto nella costruzione della coscienza europea – significa esprimere, appunto in una dimensione pubblica, la nostra concezione di libertà, di comunità, di rispetto dell’altro. Esserci non significa dismettere ma anzi riaffermare il ruolo che l’Italia svolge, e ancor più continuerà a svolgere quando sarà alla guida dell’Europa nel prossimo semestre, per l’estensione (e certo non per un arretramento) dei diritti. Esserci, infine, vuol dire porsi in continuità con la nostra tradizione olimpica. Una tradizione fatta di presenze. Mai di diserzione.
Anche di questo parlerò oggi e domani a Sochi con i capi di Stato e di governo. Con loro e con quanti avranno la responsabilità di valutare la possibile candidatura olimpica di Roma 2024. Come è stato per Roma 1960 e Torino 2006, e come deve essere oggi per Expo 2015, è indispensabile guadagnare credibilità, mobilitando intorno a questo progetto le risorse e la passione di tutto il Paese, a partire dalle sue istituzioni. Con un orizzonte proiettato al futuro e allo sviluppo, con obiettivi programmati con chiarezza, con un metodo improntato al rigore e alla trasparenza.

L’Italia è così forte della propria identità che non deve avere paura di inquinarla perché il suo presidente del Consiglio siede su una tribuna autorità. L’Italia è così determinata a investire su se stessa che è pronta, attraverso questo nuovo sogno olimpico, a restituire al mondo, dopo tanta fatica, l’immagine di un Paese più europeo, più moderno, più giusto. Un Paese che conserva in sé tutti i talenti, e vuole spenderli, per tornare finalmente a vincere.
Enrico Letta presidente del Consiglio