La strada di Maranello passa da Suzuka. L’annuncio, ampiamente anticipato, arriva nell’immediata vigilia del GP del Giappone. Dopo sei anni e quattro titoli mondiali, Sebastian Vettel lascia la Red Bull e si prepara a impugnare il volante della Ferrari. La separazione consensuale di Fernando Alonso dalla Rossa è solo una formalità, anche perché la Honda, il cui motore equipaggerà la McLaren 2015, freme per celebrare in terra nipponica il nuovo rapporto con il pilota spagnolo. Nelle ultime stagioni Alonso non ha ottenuto quanto sperato, ma ha guidato come nessun’altro, consentendo comunque alla scuderia di Maranello di cogliere qualche successo e podi importanti. Alonso resta il migliore dei piloti di F1 perché riesce più e meglio di ogni altro a sfruttare la spinta del propulsore, anche quando non è inferiore a quella degli avversari, e l’aerodinamica, fornendo le indicazioni utili ad adattare la macchina al circuito. Vettel, che ha esordito con il prestigioso successo colto nel 2008 con la Toro Rosso sulla pista di Monza, ha trionfato per quattro anni consecutivi, dal 2010 al 2013, retrocedendo clamorosamente nella stagione in corso allorquando la Red Bull ha perso competitività e lui stesso è stato scalzato da Ricciardo, salito prima e più di lui sul podio, che nel 2015 sarà affiancato da Daniil Kvyat. Il rimescolamento è fatto. I piloti Mercedes, Rosberg e Hamilton, sono impegnati nello sprint per il titolo. Le Williams sono la seconda forza. Alonso difende l’onore suo e della Ferrari strappando la quinta posizione nelle qualifiche del GP del Giappone. A Maranello tutto è pronto per accogliere Sergio Marchionne, che subentra a Luca Cordero di Montezemolo alla presidenza della Ferrari il 13 ottobre, in coincidenza con l’entrare in borsa di Fiat Chrysler. L’addio di Alonso, 33 anni, è dolorosa ma inevitabile. Troppi i tre anni chiesti da Mattiacci per consentire alla Ferrari di tornare a dominare come ai tempi di Schumacher.