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Norma Gimondi per la vicepresidenza FCI

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Federica Sorrentino

Norma Gimondi ha deciso di candidarsi alla vicepresidenza della federciclismo affiancando e sostenendo la corsa alla presidenza di Silvio Martinello, oro olimpico ad Atlanta 96. Alle elezioni per il precedente quadriennio olimpico si era proposta in extremis alla presidenza, raccogliendo 79 preferenze. Quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a intraprendere questa sfida?

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Da un anno valuto la possibilità di candidarmi. In precedenza, avevo pensato alla presidenza, ma con la morte di mio padre sono tanti gli impegni che mi legano a Bergamo e alla famiglia. Quando Martinello mi ha proposto di affiancarlo come vicepresidente, ci ho pensato, poi ho deciso di dargli una mano. Questo perché lui ha raccolto e portato avanti il lavoro fatto quattro anni fa da me, perseguendo gli stessi obiettivi. Il suo programma ricalca quello che io presentai quattro anni fa. C’è una sostanziale condivisione di idee e piena sintonia. Il rapporto personale ha radici lontane. Fu proprio mio padre a fare passare al professionismo Silvio Martinello.

Lei ha maturato diverse esperienze, anche formative, come il corso superiore di management dello sport di alto livello del CONI. Quanto sono servite?

Il corso superiore di management dello sport è stato molto costruttivo. Io ero già procuratrice di diversi ciclisti a livello internazionale, sono diventata arbitro internazionale e prim’ancora ero componente della corte di appello federale.

Lei è portatrice di una passione innata per il ciclismo. Cosa è cambiato dopo la scomparsa di Felice Gimondi? Quali impegni e obiettivi si sono aggiunti?

Credo che mio padre abbia dato tanto al ciclismo, non solo come atleta che ha conquistato le più importanti vittorie, ma anche come dirigente ad alti livelli, fino a fondare il team di mountain bike. Lui aveva una impostazione a 360 gradi ed era un punto riferimento. Non solo per me, ma anche per tante figure del ciclismo che lo hanno considerato un esempio, anche sotto l’aspetto dell’onestà e del rispetto. Se nel mio piccolo riuscirò a fare un centesimo di ciò che ha fatto lui, sarà comunque tanto.

Dopo l’esperienza del Covid, molte persone si sono messe in sella per portare un messaggio di speranza. Cosa significa questo per lei?

La bicicletta rappresenta un momento di evasione. Quando si va in giro e si incontrano altri ciclisti, ci si saluta e si vive un sentimento di condivisione di una passione. Un modo per sentirsi uniti in questo periodo di estrema difficoltà. La bicicletta rappresenta ancora la libertà, che si lega all’umanità e alla fatica.