Eugenio Sorrentino
Matteo Berrettini passa alla storia per essere il primo italiano a disputare la finale di Wimbledon in 144 edizioni del torneo di tennis più prestigioso al mondo. Il terzo a disputare una finale di uno Slam dopo Nicola Pietrangeli, primo semifinalista sull’erba inglese, e Adriano Panatta, entrambi vittoriosi a Roma e Parigi. Berrettini si è dovuto arrendere a Nole Djiokovic, ma il risultato raggiunto lo consegna alla storia del tennis.
A Marco Fermi, direttore del torneo Challenger di Bergamo, abbiamo chiesto che effetto fa assistere all’impresa di Matteo Berrettini sull’erba di Wimbledon a soli tre anni dalla sua vittoria al Challenger di Bergamo?
Sicuramente, vedere un giocatore come Berrettini raggiungere in poco tempo un risultato così importante ci riempie di soddisfazione, perché lo abbiamo tenuto a battesimo nel Challenger di Bergamo, dal 2016 al 2018, quando ha vinto, partecipando con una wild card, segnalatoci da Corrado Barazzutti come un talento emergente. Ciò conferma che Bergamo ha rappresentato negli anni passati un importante trampolino di lancio per alcuni giocatori italiani. Per questo sentiamo i suoi successi un po’ anche nostri.
Ricordiamo un Berrettini già potente nel servizio ma ancora molto nervoso. Quanto gli e’ servito il successo di Bergamo?
Effettivamente, lo ricordiamo un po’ nervoso a Bergamo, penso che il lavoro svolto con il suo coach gli abbia permesso di acquisire la maturità e la consapevolezza nei propri mezzi. Nella finale vinta con Napolitano, allora oltre il numero 150, s’impose solo al terzo set. Berrettini, già potente all’epoca, ha lavorato sull’aspetto mentale, valorizzando le proprie armi che sono il servizio e il diritto. Doti che lo hanno portato al nr 8 del ranking e potranno aiutarlo a raggiungere la top five.
Dai tornei bergamaschi sono passati tennisti che hanno scalato le classifiche ATP. Cosa insegna il cammino di Berrettini?
Vale la pena sottolineare che la finale di Wimbledon 2021 ha visto di fronte due giocatori che hanno solcato i campi bergamaschi, Djokovic il Futures al Città dei Mille in giovanissima età e Berrettini il Challenger. Ciò conferma che il passaggio obbligato per arrivare a certi livelli, ovvero i tornei cosiddetti minori rispetto al circuito Atp, è diventato un po’ l’osservatorio e il punto di riferimento per i tennisti emergenti e il loro percorso di crescita. Dunque, un palcoscenico da non perdere per gli appassionati.