Le due morali di Gravina che si scandalizza per Retegui

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Se porti la finale della Supercoppa Italia in Arabia Saudita, come puoi lamentarti di Retegui che va all’Al Qadsia? C’è qualcosa che richiama i due pesi e le due misure. Ovvero, se i soldi vengono in tasca a te va tutto bene. Se vanno in tasca agli altri, allora è una gran perdita per il calcio italiano di cui non si riesce a porre un paletto.

Chiunque difronte a un’offerta del genere non solo non vacillerebbe, ma ci andrebbe a piedi a cogliere quell’occasione, che in un colpo solo sistema la vita di generazioni di figli e nipoti.

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Il calcio è sempre stato oggetto di guadagni superiori alla media dei lavoratori “normali” e anche di dirigenti e imprenditori di aziende. Abbiamo già avuto un assaggio nel recente passato quando sulla scena era apparsa la Cina. Poi, improvvisamente, è intervenuto lo Stato cinese a porre un freno a un mercato considerato “drogato”. E ora della Cina più nessuno parla e da là son tornati tutti.

Ora è la volta dell’Arabia Saudita. Ma a spingere in questa direzione ci sono andati tutti. Perché a tutti fa comodo portare a casa soldi. E sacrificare una finale di una supercoppa italiana, lasciando che i tifosi delle squadre coinvolte si godano le partite alla tv (pay) dall’altra si propone il meglio del calcio europeo per far gola agli arabi e insegnare loro come si gioca. E così, loro, che possono, i campioni se li vengono a prendere direttamente a casa nostra.

E bene ha fatto Retegui, ma bene ha fatto anche l’Atalanta che nella vendita del suo bomber ha triplicato il valore di acquisto nel solo giro di un anno incassando tanto quanto vale l’ingresso alla Champions. E ora andrà sul mercato forte di avere dalla sua i milioni sonanti che serviranno per compensare la perdita.