Caso Garlasco, Sempio valuta ‘addio’ all’avvocato Lovati: qualche giorno per decidere

9

(Adnkronos) – Andrea Sempio, indagato per l'omicidio in concorso di Chiara Poggi, prende tempo sull'eventualità di un cambio di difesa dopo le ultime dichiarazioni sopra le righe del difensore Massimo Lovati, fin dal 2017 accanto all'assistito ora al centro di un lungo incidente probatorio sul delitto di Garlasco. Da quanto si apprende, nel pomeriggio c'è stato un confronto tra i due al termine del quale, Andrea Sempio che si è detto "molto dispiaciuto" ha deciso di prendersi ancora "qualche giorno" prima di decidere se revocare il mandato al difensore che lo assiste insieme all'avvocata Angela Taccia.  Il pizzino scritto a mano con la frase 'Venditti gip archivia per 20. 30 euro' "dovrebbe essere una previsione di spesa che avevamo fatto noi in casa, su quanto avremmo dovuto pagare agli avvocati alla fine della faccenda" dice Giuseppe Sempio, sentito a verbale lo scorso 26 settembre nel comando della Guardia di finanza di Pavia nell'inchiesta della procura di Brescia che indaga sulla presunta correzione dell'ex pm Mario Venditti. Gli inquirenti ritengono che l'ex magistrato pavese abbia ricevuto tra i 20-30mila euro per favorire nel 2017 l'archiviazione di Andrea Sempio, nuovamente indagato per l'omicidio in concorso di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007.  All'uomo in divisa che gli contesta la certezza di quel testo, l'uomo sentito come testimone risponde: "Noi pensavamo comunque di arrivare all'archiviazione". Nel lungo verbale risponde più volte che i soldi prestati dalle sorelle, circa 50mila euro, erano per pagare in contanti gli avvocati per i quali il prezzo si è aggirato "tra i cinquantacinquemila e i sessantamila euro". Una cifra che sorprende i militari, ma non Giuseppe Sempio. "Lo so che sembra strano, ma è così. Noi eravamo nelle loro mani, e non sapevamo una virgola di cosa facessero". E aggiunge: "Eravamo in balia degli avvocati (…). Noi pagavamo tutto quanto necessario, per poter andare avanti e tirar fuori Andrea, facendo le cose che andavano fatte".  A chi gli chiede facendo riferimento a un'intercettazione ambientale del 2017 in cui fa riferimento alla necessità di pagare "quei signori li", Giuseppe Sempio non esita: "Sicuramente intendevo gli avvocati, con 'quei signori li'. Guardi, ogni prelievo fatto era sicuramente per gli avvocati" conclude. Daniela Ferrari, madre di Andrea Sempio indagato per l'omicidio in concorso di Chiara Poggi, sentita a verbale lo scorso 26 settembre ritratta, davanti agli investigatori, le accuse lanciate tramite la trasmissione 'Le Iene' all'avvocato Gian Luigi Tizzoni che assiste la famiglia della vittima del delitto di Garlasco. "Gli ho raccontato una balla (al giornalista Alessandro De Giuseppe). lo non ho mai visto Tizzoni passare carte a mio figlio, o a Lovati. Io a Tizzoni non l'ho mai incontrato". La donna, ascoltata nella caserma della Guardia di finanza alla presenza anche dei carabinieri di Milano, conferma la versione del marito Giuseppe Sempio: i soldi che la Procura di Pavia ritiene siano stati il prezzo della corruzione per l'ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti sono invece serviti per pagare cash i propri legali. "Tutti i soldi che abbiamo prelevato sono serviti per pagare gli avvocati. Gli avvocati ogni tot di giorni, ci chiedevano qualche migliaio di euro. Quello mio marito mi diceva, è che gli avvocati gli dicevano che tutti questi soldi servivano sempre per 'prendere le carte'" assicura. E anche sull'intercettazione "quei signori lì", il riferimento agli avvocati viene detto senza esitazione. Quanto al sospetto che nel 2017 ci sia stato un interrogatorio 'imbeccato' con domande sul Dna e altri dettagli poco noti, la madre dell'indagato risponde. "Quella intercettazione è relativa a quando mio marito e Andrea sono andati dagli avvocati. lo penso che si possa riferire aduno degli avvocati con il quale avevano parlato".  "Una anomala gestione dei noleggi delle autovetture" che avrebbe comportato "il monopolio" da parte della società dei fratelli D'Arena con il noleggio di auto, "anche in numero cospicuo, per lo svolgimento di indagini che non richiedevano attività esterne" e "l'addebito di tali costi sui capitoli relativi alle spese per intercettazioni". E' questo il sistema che viene contestato all'ex procuratore di Pavia Mario Venditti indagato dalla Procura di Pavia, insieme al pm Paolo Pietro Mazza, con l'accusa di peculato e corruzione. Nel decreto di sequestro, con cui è scattato per gli indagati la consegna di telefoni e supporti informatici, si imputa l'aver ricevuto da Cristiano D'Arena, titolare della Esitel (società di intercettazioni, ndr.) e della Cr Service (noleggio auto, ndr.), "varie utilità (pranzi presso il ristorante, vendita di auto a prezzo inferiore a quello di mercato, effettuazione gratuita di lavori di manutenzione alle auto) a fronte del compimento di atti contrari ai doveri d'ufficio", consistiti si legge nel provvedimento della pm di Brescia Claudia Moregola, "nell'affidamento pressocché esclusivo a Esitel del noleggio degli apparati di intercettazione e nell'affidamento esclusivo a Cr Service del noleggio di autovetture in misura incongrua rispetto alle esigenze investigative e destinate a uso privato non inerente alle attività di indagine". In particolare, sono due le auto 'sospette' per Venditti e un'auto e un furgoncino per il pm Mazza. Un'Audi è stata acquista in leasing e noleggiata ininterrottamente alla Procura di Pavia dall'ottobre 2019 al gennaio 2022 ("per un ricavo di oltre 85.000 euro"), nel novembre dello stesso anno "venduta dalla Cr Service al procuratore aggiunto Venditti per 20.289,81", mentre per un'altra auto acquistata dal 2017 dall'ex magistrato ala srl "non risulta tracciabile il completo pagamento" è il capo d'accusa. Al pm Mazza viene contestato l'acquisto di un furgoncino, mentre una Mercedes inizialmente acquisita in leasing, viene riscattava al prezzo di 20.500 euro e rivenduta nel luglio 2019 alla Cr Service "al prezzo di 26.500 euro" scrive la Procura bresciana. Nel decreto si sottolinea come "un ex dipendente" della società di noleggio Cr Service "riferiva come il rapporto tra la società e i predetti indagati, caratterizzato da alcune singolarità, sia tuttora in essere, atteso che essi risultano avvalersi dei servizi di manutenzione delle auto – sia proprie che dei familiari – da parte della Cr Service, senza che emergano pagamenti tracciabili di tali prestazioni" scrive la pm bresciana Moregola. Le indagini note come 'Clean 2' condotte dalla Procura di Pavia hanno già messo in risalto, negli anni scorsi, "una serie di 'anomalie'" rilevate anche nel decreto a firma della Procura di Brescia. In particolare l'attenzione si focalizza su quella che viene definita una "Squadra" della polizia giudiziaria: tutti assegnati al pm Mazza (ora in forza alla procura di Milano) e "collocati presso un unico 'stanzone'" dove si occupavano di reati riguardanti la pubblica amministrazione. "Erano soggetti di fiducia del procuratore aggiunto Venditti" e aveva "accesso informativo a tutte le operazioni di intercettazione effettuate dall'intero ufficio" si specifica. Cristiano D'Arena, titolare della Esitel, "era quasi quotidianamente presente presso lo 'stanzone' e presso il procuratore aggiunto" si legge nel decreto. "I due carabinieri Silvio Sapone e Antonio Scoppetta avevano un ruolo sovraordinato rispetto agli altri, al di là delle qualifiche, per via del loro rapporto privilegiato con Venditti; Maurizio Pappalardo nonostante in servizio presso diverso ufficio senza competenze di polizia giudiziaria, teneva rapporti privilegiati" con Venditti, Sapone e Scoppetta, è un'altra precisazione che emerge dall'atto di indagine. Una 'Squadra' che andava "spesso" a pranzo presso il ristorante stellato 'Lino' "riferibile a Raffaele D'Arena, fratello di Cristiano" e che insieme ai due magistrati indagati – secondo l'accusa – avrebbero avuto accesso al noleggio di auto pagate dalla Procura ma usate per fini personali. Per quanto riguarda, invece, gli accertamenti bancari, sul conto dell'ex procuratore aggiunto Mario Venditti, sottolinea la Guardia di Finanza in una nota, "non si rilevano anomalie". La frase viene ripetuta più volte, nella recente annotazione della Guardia di finanza di Brescia, insieme al Gruppo Pavia e al Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano. La Procura ha autorizzato gli accertamenti – che riguardano le movimentazioni tra il primo gennaio 2016 e il 31 dicembre 2017 – per l'ex procuratore aggiunto Mario Venditti, indagato per corruzione in atti giudiziari perché, a dire dell'accusa, avrebbe favorito nel 2017 l'archiviazione di Andrea Sempio; i due carabinieri della polizia giudiziaria Silvio Sapone e Giuseppe Spoto (perquisiti a fine settembre e non indagati, ndr) e la famiglia (zii e nonna compresi) Sempio. I controlli autorizzati dalla Procura di Brescia non hanno riguardato invece la famiglia Cappa, né il gip Fabio Lambertucci, il giudice che ha archiviato Sempio dall'accusa di omicidio in concorso di Chiara Poggi, sebbene in una nota precedente le Fiamme Gialle di Pavia avessero chiesto accertamenti bancari su di loro. Gli approfondimenti investigativi non forniscono nessuno spunto né per Venditti, né per i due militari. Sentiti il 26 settembre scorso come testimoni i genitori di Andrea Sempio affermano che i soldi sono stati utilizzati per pagare in nero gli avvocati. Parole che sembrano trovare conferma in un passaggio di un'altra annotazione del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Brescia: "Dalla lettura delle intercettazioni ambientali effettuate dai carabinieri (nel 2017, ndr.), emerge un chiaro riferimento ai presunti pagamenti della famiglia Sempio nei confronti dei legali di fiducia", tra cui anche l'attuale difensore Massimo Lovati. "Ogni volta che un processo si trasforma in spettacolo la giustizia perde qualcosa della sua essenza" dice Antonino La Lumia, presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano facendo riferimento anche al caso Garlasco. "Non è solo una questione di stile o di opportunità: è una ferita per chi, ogni giorno, opera nel silenzio delle aule per dare voce ai diritti. La giustizia ha bisogno di serietà, non di palcoscenici". "La continenza non è debolezza, ma la forma più alta di forza morale: la capacità di trattenere quando tutti gridano, di ragionare mentre gli altri semplificano, di non cedere alla tentazione di un microfono o di un titolo facile" aggiunge. "Quando un avvocato parla, non rappresenta solo se stesso: rappresenta una funzione e ogni parola diventa parte del racconto della giustizia. Difendere la giustizia significa anche difendere il suo linguaggio. Restituirgli sobrietà, precisione e verità. A volte il silenzio non è assenza, ma rispetto: il modo più alto per lasciare che la verità trovi la propria strada, senza che nessuno la sovrasti" conclude La Lumia. 
—cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

forbes