(Adnkronos) – La nuova pandemia potrebbe arrivare dal cielo. Un virus influenzale portato da uccello migratorio venuto in Europa da chissà quale Paese. L'influenza aviaria: è lei l'indiziata numero uno da diversi anni come spauracchio pandemico. La sua diffusione sta preoccupando virologi ed epidemiologi dell'Oms Europa e dell'Ecdc, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Quest'ultimo ha registrato "un forte aumento dei casi di influenza aviaria A (H5N1) tra uccelli selvatici e pollame. La sua ampia circolazione tra gli uccelli aumenta il rischio di esposizione umana agli animali infetti e che il virus si trasmetta successivamente agli esseri umani". Un monito al farci trovare pronti e più attrezzati rispetto al 2020 con il Sars-CoV-2. Ma lo siamo? L'Adnkronos Salute ha posto questa domanda a tre esperti che lavorano negli istituti zooprofilattici italiani e che grazie alla Rete degli Izs – 10 strutture con 10 sedi centrali, circa 90 sezioni territoriali e oltre 4.000 professionisti – è un presidio essenziale in ottica 'One Health' per la sicurezza alimentare, la salute animale e umana, la ricerca sperimentale e la diagnostica veterinaria. "La diffusione a livello geografico dell'influenza aviaria è senza precedenti, non perché sia inatteso che un virus influenzale dell'aviaria possa muoversi anche lungo distanze molte lontane – è infatti associato ai volatili e si muove in volo – ma quello che sta succedendo ci mette di fronte ad un virus altamente aggressivo. Prima viaggiavano con i volatili selvatici virus pressoché innocui, oggi con il sottotipo H5 è tutto diverso – spiega Isabella Monne, dirigente veterinario Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie – Questo virus è stato in grado di adattarsi progressivamente ai volatili selvaggi migratori e con loro ha viaggiato a livello globale. Oggi siamo di fronte ad una 'panzoozia', che è nel mondo l'equivalente della pandemia nell'uomo. Il virus dell'influenza aviaria è arrivato in tutti i continenti, anche in Oceania dove a novembre ci sono stati casi in un'isola sub Antartica che appartiene all'Australia, ma ha colonizzato climi diversi dal gelido all'arido. Affrontiamo quindi una situazione che ci mette alla prova con scenari molto diversi anche in termini di disponibilità nell'affrontare i rischi". Ma cos'è l'influenza aviaria? "E' una malattia dei volatili sostenuta da un virus influenzale, in questo periodo soprattuto dal virus H5N1 che ha dimostrato delle capacità incredibili di passare dagli uccelli selvatici agli animali allevati (polli, tacchini, galline ovaiole) ma più recentemente molti mammiferi e in alcuni casi è stato capace di fare il cosiddetto 'salto di specie' quindi di essere pericoloso per l'uomo", ripercorre Antonia Ricci, direttore generale Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. All'Izs delle Venezie è attivo il Centro di referenza nazionale (Crn) e l'istituto fa parte della Rete Izs europea per questa malattia. "Ci occupiamo – illustra Ricci – di fare la sorveglianza negli animali e anche nell'interfaccia tra gli animali e l'uomo proprio per studiare il virus ed evidenziare queste situazioni di salto di specie che possono essere pericolose per la salute. E' un virus che ha la capacità di fare un salto di specie e sappiamo che le grandi pandemie del passato sono state sostenute da virus influenzali che avevamo mescolato virus umano e aviario". In Italia che situazione stiamo vivendo? "In questo momento, per fortuna, i virus che circolano sia a livello italiano che internazionale non hanno quelle caratteristiche che lo rendono particolarmente pericoloso per l'uomo. Però è certamente una malattia che va sorvegliata continuamente e con grande attenzione – risponde Ricci – La situazione in Italia è molto preoccupante per quanto riguarda gli uccelli selvatici, nel senso che noi continuiamo a trovare in queste specie animali positivi e questo mette a rischio soprattutto i nostri allevamenti. In questo momento, che è la stagione con il picco di influenza aviaria, abbiamo circa una ventina di focolai. Ma la situazione è sotto controllo". Secondo quanto spiega Calogero Terregino, responsabile Centro di Referenza Nazionale per l'influenza aviaria, "le misure di prevenzione partono alcuni mesi prima dell'inizio della stagione dell'influenza aviaria, il periodo dell'autunno-inverno quando arrivano gli uccelli migratori che portano il virus. La prevenzione si fa attraverso con una collaborazione tra le regioni, il ministero della Salute, le aziende avicole: prevede una regolamentazione degli accasamenti, alcuni fermi programmati per ridurre la densità degli allevamenti, e alcune misure che possono prevenire il contatto con gli uccelli selvatici come la chiusura degli animali nei capannoni e non più all'aperto". "La sorveglianza è programmata e si basa sul Piano nazionale di sorveglianza e prevede nei periodi a rischio nelle aree a maggior vocazione avicola una sorveglianza ravvicinata e stretta nelle aree a rischio. Prelievi periodici negli allevamenti di pollame e lì dove si trovasse il virus una sorveglianza straordinaria con il controllo di tutti gli allevamenti vicini – prosegue Terregino – Se il virus viene individuato si mettono in atto tutte le misure di contenimento previste dai regolamenti europei, che prevedono l'abbattimento di tutti gli animali, la distruzione di tutti i prodotti potenzialmente contaminati per garantire che sulla filiera alimentare non arrivino prodotti potenzialmente a rischio". "Deve esserci collaborazione tra gli allevatori e i veterinari, attività di formazione verso gli allevatori per le misure di prevenzione e per la biosicurezza, occorre informare tutti gli attori della filiera che il virus sta circolando e i minimi segnali devono essere riferiti alle Asl che intervengono in poche ore per bloccare l'allevamento", evidenzia Terregino. Nel caso dell'influenza aviaria, il rischio per l'uomo è considerato "ancora basso da tutte le organizzazioni internazionali, è un virus adattato ai volatili anche se abbiamo osservato delle mutazioni che ci fanno pensare che il virus possa estendere il suo campo d'azione ad altri ospiti. C'è una sorveglianza specifica anche su altre specie come i cani, i gatti o i ruminanti che vengono monitorati e poi verso le persone che lavorano negli allevamenti che vengono controllati e monitorati", conclude il responsabile Centro di Referenza Nazionale per l'influenza aviaria. La consapevolezza del rischio di una nuova pandemia, che potrebbe avere come protagonista l'influenza aviaria, ci pone anche la certezza di avere delle armi: i vaccini per l'influenza aviaria. Sono stati sviluppati dalle industrie farmaceutiche prevalentemente per il settore veterinario, da utilizzare nelle specie avicole come polli, tacchini e anatre. La vaccinazione può essere un valido strumento per ridurre l'impatto delle epidemie influenzali animali nei casi in cui altre misure risultino poco efficaci. Visto che le persone esposte, come allevatori e veterinari, hanno un rischio maggiore, la Commissione Europea ha dato la possibilità agli Stati membri di fornirsi, se necessario, di un vaccino già disponibile per la profilassi di questa ristretta popolazione contro il virus influenzale H5.
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