A Sarnico con Serpellini dentro alcune pagine del libro “L’anno della Coppa e la festa cancellata”

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Sul palco di Fahrenheit442, in piazza Umberto I, a Sarnico, nell’incontro di una bella serata estiva viene presentato un libro particolare. Il Festival si annuncia di letteratura e cultura calcistica e il libro in questione racchiude in sé molto più di quanto uno si aspetterebbe.

Gino Cervi dà il la, come si fa quando a un amico dici il pensiero che ti è passato per la mente. Stefano Serpellini raccoglie l’idea e la trasforma nel libro edito da Bolis con il titolo: “L’anno della Coppa. 1963: l’Atalanta, Papa Giovanni e la festa cancellata”.

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Lo sportivo che incontra il cronista, il cronista che incontra lo storico, lo storico che incontra l’antropologo e l’antropologo che incontra il sociologo. Tutto in una persona, dentro la storia narrata in un libro. Questo è Stefano Serpellini che prima di essere un bravissimo giornalista, un eccellente scrittore è persona dalla sensibilità straordinaria.

Il libro non è solo frutto di ricerche storiche, di ricostruzione dell’ambito sociale degli anni Sessanta è anche e soprattutto frutto dell’incontro con i “sopravvissuti”, i giocatori che conquistarono la Coppa Italia nel 1963.

Fu l’unico trofeo conquistato dall’Atalanta nella sua lunga storia (anno di nascita 1907) meritevole di una grande festa. Correva l’anno 1963. Ed era il 2 giugno. Un successo ottenuto in modo insperato. I nerazzurri non ci credevano poi tanto. Ma alla fine si ritrovarono in semifinale e poi in finale con il Torino. Vinsero 3-1 (tripletta di Domenghini) e conquistarono il trofeo che ancora oggi brilla nella teca della società. Unico trofeo.

L'anno della CoppaMa la festa, come si annuncia nel titolo, venne cancellata. Il giorno dopo, infatti, il 3 giugno moriva Papa Giovanni XXIII. Il Papa Buono. Il Papa che eletto già su con l’età, scelto dal Conclave quale traghettatore temporaneo di breve tempo. Ma che in quel breve lasso di tempo, Papa Roncalli, eletto nel 1958, dall’umiltà contadina e dal carattere bergamasco schietto, ruppe gli argini di una Chiesa ingessata e nel 1959 annuncia di voler dar vita al Concilio Vaticano II.

Non solo per i bergamaschi (era di Sotto il Monte), ma per tutto il mondo fu portatore di un vento nuovo, che diede respiro e vitalità nuovi.

La festa dell’Atalanta passò in secondo piano, oscurata dal grave lutto mondiale e fu cancellata per doveroso rispetto. Nessuno eccepì. Sembrava la cosa più normale di questo mondo.

Stefano Serpellini racconta questi fatti attraversando la storia dentro le interviste dei personaggi calcistici e no. Erano gli anni dell’antidivismo. Di un calcio diverso da quello dell’oggi. Di un semiprofessionismo nel quale i giocatori prima di giocare si guadagnavano da vivere lavorando al mattino, per poi allenarsi il pomeriggio. Dove di soldi non ne giravano molti e al massimo ci si poteva accontentare di comprarsi una Fiat 600.

Dentro c’è spazio per alcuni aneddoti e parallelismi. Come quello che riguarda Bearzot, allora capitano del Torino, che a fine partita si rifiutò di dare la mano agli atalantini vincitori. Proprio lui – sottolinea con amarezza Serpellini – che nell’82 portò l’Italia a vincere in Spagna i Mondiali di calcio e che reagì con grande signorilità alle critiche che la stampa gli riservò all’inizio del torneo.

E Piero Gardoni che da capitano dell’Atalanta vinse la Coppa Italia, ma che nel 1994 perse la Coppa della vita, ponendo fine alla sua vita con un gesto tragico proprio vicino al luogo dove si sta parlando. Il suo corpo fu ritrovato alla diga di Fozio. Tra il pubblico c’è anche Pier Carlo Capozzi che viene invitato a raccontare dell’unico gol che Gardoni realizzò nella sua carriera a cui Capozzi, allora ragazzino, assistette.

Era un’Atalanta-Vicenza e a pochi minuti dall’inizio partita Gardoni si ritrovò con una prateria davanti a sé – racconta Capozzi -. Invitato dal pubblico a proseguire oltrepassò la metà campo (cosa inverosimile per uno che appena poteva spediva la palla in tribuna), arrivò al limite e fece un traversone. Complice la pioggia e il fango, la palla scivolò dalle mani del portiere vicentino ed entrò in porta. Gol! Fu un’esplosione di gioia da parte del pubblico. A partita ormai in corsa arrivò altra gente e qualcuno mi chiese: Cosa fa l’Atalanta? Vince 1-0. E chi ha segnato? Gardoni. Ma va a quel paese…”. Poi Capozzi ha ricordato come quel pallone Gardoni se lo portò a casa e che la moglie Piera lo conservava gelosamente e confidò a Capozzi che per lei quel pallone aveva lo stesso valore del pallone d’oro.

L’Atalanta, racconta Serpellini, sembra toccata da una maledizione. Il 10 marzo 2020 la squadra nerazzurra di Bergamo raggiunge il suo apice. Il picco siderale mai raggiunto prima d’allora. A San Siro 40 mila tifosi assistono al trionfo sul Valencia con i quattro gol di Ilicic. Significa passare il turno e andare ai quarti di finale della Champions League. Ma il Covid incombe e anche in questo caso la festa rimane un mortaretto sparato al cielo che è durato il tempo di qualche secondo. Poi il buio con la tragedia che ne è seguita di migliaia di morti in pochi mesi.

Quello di Stefano è un libro ricchissimo di fatti, eventi, personaggi colorati dentro un affresco dallo stile seppiato, i cui particolari sono tutti da scovare e da gustare. Buona lettura.