Quando scende sul ring, Gianluca Franzosi lo fa per inseguire un sogno da realizzare.
Un sogno che va oltre i confini del Bel Paese e dell’Europa, ma che l’atleta dell’One Gym potrebbe presto realizzare dopo aver conquistato l’argento ai World Games.
Una medaglia che fa comprendere il valore del 19enne di Pessano con Bornago e che ha condiviso con il fratello gemello Franco con cui continua a inseguire i propri traguardi.
Com’è stata l’esperienza ai World Games?
Essendo stato l’unico italiano nel Muay Thai ai World Games, è stata non solo una bellissima esperienza, ma anche una grande responsabilità, proprio per dimostrare che non solo il nostro sport è riconosciuto dentro un evento così grande, ma anche l’Italia è dentro questo evento. L’organizzazione è stata al top, mi è piaciuto molto come ci trasportavano, ci aiutavano durante le gare, ma anche il post-competizione con queste che venivano trasmesse sulle principali tv nazionali. Siamo stati intervistati e il tifo era molto caliente.
Si aspettava di raggiungere la finale visti gli avversari presenti?
Sapevo che gli avversari erano molto forti, ma ero convintissimo di poter arrivare in finale e vincere l’oro. Purtroppo questo sport è molto imprevedibile, è stata una finale molto tosta, ma sono contento del mio argento perché è un simbolo di grande sacrificio, di tutta la passione, l’impegno che ci ho messo in quei due mesi e mezzi di preparazione, così come la dieta, i soldi che ho speso. Sono molto contento del risultato che ho ottenuto, chiaramente non è un traguardo, ma soltanto un obiettivo raggiunto dei tanti. Si va avanti, si punta a combattere in grandi circuiti, come i World Games, per dimostrare quanto valgo e quanto mi impegno.
Sicuramente la cosa che mi ha fatto più pressione è stata l’esperienza, non solo a livello tecnico, ma a livello mentale. Era molto preparato su quel fronte, lui anche se prendeva colpi forti e si vedeva, perché riguardando i video si vedeva che prendeva colpi forti, non lo faceva notare e continuava ad attaccarti, cosa che io dovrei migliorare molto ma avendo diciannove anni so che ho il tempo di migliorarlo. Lui era un po’ più esperto, ma alla fine siamo tutti allo stesso livello lì, tecnicamente manca soltanto quel salto di qualità che appunto ha il primo classificato.
Come si gestisce l’imprevedibilità che questo sport comporta?
Gli imprevisti vanno gestiti, soprattutto con tranquillità. Tu devi stare il più calmo possibile sopra il ring perché, più sei teso, nervoso, più bruci energie e non riesci a inquadrare bene la situazione, a capire subito cosa farà l’avversario. Io cerco dal riscaldamento di tranquillizzarmi, stare tranquillo, pensare alle mie tecniche e basta, senza pensare a nient’altro. Chiaramente ci sono colpi imprevedibili come quelli che ho preso in finale, sono cose che non ti aspetti, che ti buttano giù, ma ti devi rialzare subito ed essere pronto a ripartire più forti di prima.
Avendo un fratello gemello che fa Muay Thai, non percepite quanto accade sul ring l’uno all’altro?
Lo sentiamo perché siamo molto legati, sentiamo questa unione quando siamo in difficoltà. Quando siamo molto tesi, sentiamo la stanchezza, la fatica, la tensione dell’altro, quasi più che le nostre. Cerchiamo di aiutarci ogni volta che andiamo via insieme, ci supportiamo perché siamo un team e lavoriamo sempre uniti.
Perché l’Italia era presente ai World Games soltanto con un atleta nel Muay Thai?
Ai World Games c’erano solo tre categorie maschili e altrettante femminili, quindi, essendo stati scelti gli atleti tramite ranking europei e mondiali, soltanto i primi otto potevano accedere. In molti non sono riusciti quindi a qualificarsi, mentre nel caso di mio fratello non era presente la categoria +67 chilogrammi e questo gli ha impedito di venire.
Ai World Games ha percepito un clima simile alle Olimpiadi?
Sì, decisamente, già dall’ingresso alla cerimonia d’apertura mi venivano i brividi, perché non ho mai assistito da protagonista a una cerimonia di questo tipo. Era presente una fiaccola come alle Olimpiadi, anche perché la manifestazione è di fatto organizzata dal Comitato Olimpico Internazionale.
C’è la possibilità in futuro di vedere il Muay Thai alle Olimpiadi?
Ora com’è ora sinceramente la vedo molto dura. Si sta lavorando per quello e magari ci arriveremo in vista delle Olimpiadi Estive di Los Angeles 2028. Se non arriverà la Muay Thai, ci arriverà il kickboxing che è molto simile, però spero tanto di poter partecipare alle Olimpiadi perché ci tengo molto.
Quali sono i prossimi obiettivi stagionali?
Il 2025 lo concluderemo con tre combattimenti da professionista. Sarò sul ring a Bari il 25 ottobre contro un atleta francese, il 22 novembre a Milano al Petrosian Mania, un evento molto importante organizzato da Giorgio Petrosian che svolgerà il suo ultimo match della carriera; mentre il 20 dicembre sarò di scena a San Marino per il Fight Clubbing. L’obiettivo principale rimane partire a febbraio per la Thailandia. Con Franco vogliamo entrare nei migliori circuiti sia asiatici che europei come il Glory One Championship. Vorremmo fare un camping di sei mesi e stiamo raccogliendo sponsor per sostenere questa esperienza. Questo ci consentirebbe di aumentare sia da un punto di vista tecnico che di visibilità.
C’è un atleta a cui si ispira?
Sì, si chiama Chingiz Allazov ed è un atleta azero che ha finito da poco la sua carriera, ma che ha uno score impressionante. E’ completo da un punto di vista tecnico, cambia stile a seconda del proprio avversario e non solo in allenamento, anche in gara. Mi piacerebbe avere il suo IQ nel combattimento. Di fatto è il mio prototipo di combattente.