Gasperini difronte a quel bivio malandrino con la trappola tesa da Ranieri

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Gasperini si è trovato difronte a un bivio: due strade con destinazioni diverse ma ugualmente importanti. “Alla mia età – ebbe a dire un giorno – ho ancora due-tre anni poi smetto di allenare” e come sarebbe stato bello vedere che questo punto finale lo avesse potuto mettere a Bergamo. Finire la carriera all’Atalanta era il sogno anche di tanti tifosi, che ora si sono sentiti un po’ traditi e che gli è rimasto quel retrogusto di amara tristezza nel cuore.

Una via avrebbe condotto Gasperini a consumare gli ultimi suoi anni cercando di vincere ancora con i colori nerazzurri della città che gli ha dato quell’ospitalità da renderlo uno dei cittadini nobili di Palazzo Frizzoni.

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E se questa è la via del Romanticismo, della scelta di cuore, del riconoscimento e dell’immedesimazione con la città e con la società tanto da rimanervi fino all’ultimo gesto agonistico professionale, dall’altra si è trovato difronte a una sirena di omerica memoria.
Gasperini, non dimentichiamolo, nella sua carriera ha fatto bene a Genova e a Bergamo. Ma nel mezzo c’è un rospetto che non gli è mai andato giù: quei due mesi passati all’Inter e poi cacciato in malo modo senza che avesse potuto dimostrare il suo valore. Una grande occasione sciupata da una fretta mortale senza senso.

Allenare e vincere in un grande club è il sogno di tutti gli allenatori, soprattutto se in carriera ti è capitato un episodio come quello meneghino.

E quando è arrivata la proposta di Ranieri (innamoratissimo del gioco dell’Atalanta, non ne ha mai fatto mistero) di portare Gasperini alla Roma, immaginiamo che al mister di Grugliasco gli sia un po’ ribollito il sangue addosso. La tentazione di poter dimostrare finalmente il suo valore in un grande club (e questa lucidamente parlando è l’ultima sua chance), all’Olimpico, nella capitale d’Italia sotto i riflettori costanti dei media internazionali è stata tanta.

C’è da sottolineare anche un’altra cosa, che ha potuto incidere sulla scelta finale di Gasperini. Dopo nove anni, per quanti belli ed entusiasmanti, trascorsi a Zingonia i rapporti si possono anche essere un po’ logorati. Lasciamo stare il caratteraccio, quello un po’ tutti ce l’hanno. Ma è proprio il fatto che ripetere certi gesti dentro le stesse mura per nove lunghissimi anni, può procurare un po’ di appiattimento, di normalizzazione della routine quotidiana. E anche se l’uomo ha dimostrato di avere sempre idee geniali, qualcosa dentro tende a spegnersi. Sapete com’è, l’uomo tende sempre allo stato di quiete.

E allora ecco, la proposta giallorossa è arrivata in un momento propizio. Il vulcano che c’è in Gasperini ha cominciato a fumare pronto a ribollire lava calcistica, a scuotere le membra dal di dentro per plasmare una squadra che, anche in presenza di un limite biennale ad operare sul mercato per via del Fair play finanziario, deve portare a vincere. Una sfida entusiasmante.

E allora che fare? In primis lasciarsi con l’Atalanta in modo molto cordiale; salutare i tifosi spiegando le motivazioni che sono del tutto personali senza screzi con nessuno dell’ambiente; salutare Bergamo, la città che lo ha ospitato e che non potrà mai dimenticare.

Per l’Atalanta è arrivato il momento di voltare pagina. Ma questo si sapeva che sarebbe dovuto succedere. E non è detto né che vi sia continuità con il progetto Gasperini, né che vi sia discontinuità. La società sa di cosa ha bisogno e si affida ai suoi professionisti per poter operare nel modo più appropriato per ottenere gli obiettivi prefissati.

Ma prima di aprire quella porta, vediamo di chiudere in serenità e letizia questa. Auguri Gian Piero, grazie per quanto fatto di bene e di bello a Bergamo e per il calcio italiano. Continueremo a seguirti anche da lontano, osservando con curiosità le tue mosse. E quando passerai da queste parti stai sicuro che un applauso e un ideale abbraccio non mancherà mai.