Se Zingonia oggi è quel centro sportivo di prim’ordine lo si deve a una persona che sta alla radice di tutto l’impianto del settore giovanile nerazzurro. Difficile immaginare cos’era il settore giovanile negli Anni Sessanta, paragonato anche alla struttura societaria e al calcio professionistico in generale. Ma, come sempre, la storia la fanno i visionari. E Bergamo ha avuto in questo campo la fortuna di avere nel dott. Giuseppe Brolis il volano di tutto questo.
Proprio al Centro sportivo Achille e Cesare Bortolotti di Zingonia questa mattina è stato presentato il libro dal titolo: “I ragazzi del dottor Brolis. Storie di un calcio che non finirà”. A fare gli onori di casa Roberto Samaden, responsabile attuale del settore giovanile dell’Atalanta. “Non c’era posto migliore per presentare questo libro – ha esordito Samaden -. Perché qui c’è un filo rosso che lega tutta la storia del settore giovanile dalle origini ai giorni nostri”. Il filo rosso affonda le radici proprio in Giuseppe Brolis, che ha trovato poi il proseguimento naturale in Mino Favini di cui Samaden ha ricevuto in eredità tutto il bagaglio esperienziale maturato in questi sessant’anni di storia atalantina.
Prima di occupare la sedia già toccata a Mino Favini, Samaden ha studiato, ha letto libri sull’Atalanta, si è informato, ha sfogliato i giornali del tempo. E poi tira fuori un estratto di un’intervista fatta da L’Eco di Bergamo ad Antonio Percassi. E sottolinea quanto detto dal presidente al tempo: “Io sono diventato quello che sono come uomo e come imprenditore perché ho frequentato la scuola di vita dell’Atalanta a cui devo tutto”. “Ecco – ribadisce Samaden – questo è il senso del settore giovanile dell’Atalanta, che non pensa a creare soltanto bravi giocatori, ma costruisce persone. Qui si fa una bella esperienza, si diventa belle persone. Noi seguiamo l’esempio già tracciato dai nostri predecessori. Siamo un riferimento per i ragazzi e per le loro famiglie”. Una scuola di vita, appunto.
L’aspetto educativo è il tema principale di giornata legato a Giuseppe Brolis, prima ancora dell’organizzazione di una rete capillare di osservatori che possano scovare talenti in giro per l’Italia. E sfornare campioni per la prima squadra. “I ragazzi del dottor Brolis” sono arrivati anche in Nazionale (undici) e alcuni di loro hanno potuto vincere anche un Mondiale.
Tutto è partito da Verdello, punto nevralgico da cui si è sviluppata l’esperienza del dott. Brolis. Da questo campetto di provincia sono usciti talenti di assoluto valore regalati al calcio bergamasco e nazionale. Un giocatore uscito dai campi del Verdello e tuttora indimenticabile è Angelo Domenghini. Ma da lì è partito anche Gigi Pizzaballa.
Quando il dott. Brolis approda all’Atalanta negli Anni Sessanta dà una svolta al settore giovanile. Crea una rete capillare di osservatori tra provincia e province lombarde e del Nord Italia che via via si è andato sempre più estendendosi alla ricerca di campioncini da far crescere.
I ragazzi del Dottor Brolis, così li chiamano. Sono tanti, sono stati tutti bravi, hanno conquistato il mondo dei professionisti giocando nelle principali squadre della Serie A e arrivando con la Nazionale anche a vincere un Mondiale.

Tra i primi ragazzi selezionati da Brolis c’è Beppe Savoldi, divenuto un bomber di razza. Nel ’69 i giovani dell’Atalanta vincono il Torneo di Viareggio. Tra loro spicca Adelio Moro.
A Zingonia alcuni di questi ragazzi è venuto a ricordarlo. Guidati da Nado Mazzoleni Bonaldi, verdellese anche lui, e considerato il terzo autore del libro, oltre a Maria Teresa Brolis e Marco Carobbio, hanno portato la loro testimonianza Mario Mutti, Claudio Foscarini, Cristino Chigioni, Gianfranco Platto. Tra loro anche Giampaolo Bellini e Daniele Filisetti. Da tutti loro è emerso all’unanimità che la figura del dott. Brolis “incuteva soggezione. Era autorevole. E pretendeva ordine e disciplina. Prima, durante e dopo le partite. E con i suoi modi gentili e educati si rivolgeva ai ragazzi con il massimo rispetto. Un padre per tutti loro che li ha aiutati a crescere e tenendo un rapporto diretto con le loro famiglie”. Per Brolis l’educazione considerata oggi integrale era fondamentale per la costruzione di un buon giocatore.
In chiusura Roberto Samaden ha voluto anticipare una notizia che sta per approntare alla Casa del Giovane. “Verrà ricavato uno spazio-biblioteca per offrire ai ragazzi che arrivano da altre parti d’Italia – ha spiegato Samaden – la possibilità di conoscere la storia dell’Atalanta e questo sarà il primo libro che metteremo su quegli scaffali”.
Così questi nuovi virgulti nerazzurri potranno leggere le gesta di Giovanni Vavassori, di Antonio Percassi, di Giancarlo Finardi. Per non parlare del capolavoro rappresentato da Gaetano Scirea.
Ma più curioso ancora è vedere come Brolis aveva già individuato la possibilità di un’Atalanta 2. Quella che oggi è l’Atalanta U23. Era riuscito a costruire con i diretti interessati di Cremonese e Juventus un triangolo che portò i giocatori a Cremona (Serie C) per farli crescere, per passare poi all’Atalanta (Serie B) per farli esplodere e infine alla Juventus (Serie A e Coppe) per consacrarsi definitivamente. Cosa successa a Bodini, Cabrini e Prandelli. Alla Juve come non ricordare i Marchetti, i Fanna, i Tavola.
La storia di Giuseppe Brolis all’Atalanta finisce nel ’76, quando passa lui stesso alla Juventus voluto fortemente dal presidente Boniperti. Ma ormai all’Atalanta il lavoro è stato avviato e oggi quella storia continua e non finirà, come dice il titolo di questo prezioso libro.













