Giuliana: Atalanta, bocce e buona tavola

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Federica Sorrentino

Tutti conoscono Giuliana per essere la titolare di una rinomata trattoria, un ritrovo culinario di gusto e sapori eccellenti, che è un segno di identità per Bergamo. Ma Giuliana ha un cuore sportivo come pochi. Innanzitutto, l’Atalanta. Cosa rappresenta la Dea per Giuliana?

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Da quando era bambina andavo allo stadio, ho iniziato a sei anni. Era il 1955. Andavo con i tifosi di una volta.

Ancora non si può tornare tutti allo stadio, così si ama dire “non si può andare all’Atalanta”. Quanto le manca?

Devo vederla per forza in televisione, anche se non mi è mai piaciuto, rispetto allo stadio dove è bello partecipare e tifare. Quando poi vado in trasferta mi diverto di più.

Mister Gasperini e i calciatori, ma anche tanti sportivi sono frequentatori abituali della trattoria. Cos’è che rende felice Giuliana nella sua attività?

Sono sempre venuti, anche i vecchi atalantini di cinquant’anni fa. Ricordo Rodari e Pesenti che giocavano a bocce e poi mangiavano pane e salame. Ciò che mi rende felice nella mia attività è chiacchierare, anche di Atalanta, e stare in mezzo alla gente. Cerco di farli sentire come a casa loro, non in un ristorante, ma come in famiglia, come amici.

La trattoria era il luogo deputato per il gioco delle bocce che l’ha vista campionessa italiana. Com’è nata questa passione e come ha scoperto le sue abilità?

Ho iniziato da bambina a giocare a bocce. Praticamente ho imparato tutti i giochi da uomo. Ho vinto la prima bambola a 11 anni, età in cui si poteva iniziare a gareggiare, ricevendo il premio per la più giovane. E’ capitato che qualche abbia buttato via le bocce per aver perso contro una donna. In Svizzera ho vinto anche un’auto, una Mini Morris rossa nel ’67, che però non ho tenuto perché non avevo ancora la patente. Ho giocato fino ai vent’anni. Poi ho preferito andare allo stadio.

Giuliana si è cimentata nello sci …. Sempre con tanta grinta e passione. La stessa che mette nell’associazione oncologica bergamasca. Ci vuole uno spirito sportivo per superare le difficoltà della vita?

Non ho fatto gare nazionali di scì, ma di categoria, però erano sempre competizioni. L’importante è sempre stato il partecipare.

Il presidente dell’associazione oncologica bergamasca è Maurizio Radici e, oltre al consiglio direttivo, ammiro le volontarie. Quando fai le chemio, non sai se stai male o bene, hai paura, c’è silenzio, però ci sono le volontarie che vengono a sostenerti.

Un messaggio dedicato agli sportivi bergamaschi

An gà pùra de nissü, non abbiamo paura di nessuno.