Federica Sorrentino
Il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Bergamo ha analizzato a più voci il mondo dello sport al tempo della pandemia nel corso di un webinar a più voci. Se n’è fatto promotore Stefano Bastianon, docente di diritto dello sport.
Professore, lei ha analizzato i risvolti delle restrizioni che hanno riguardato anche le attività sportive. Quali i contraccolpi negli atleti agonisti e di primo livello?
Durante la prima ondata ne hanno risentito sia per avere dovuto interrompere gli allenamenti, sia per le conseguenze che la pandemia ha determinato sull’organizzazione delle competizioni sportive. Un atleta che si stava preparando per le Olimpiadi, rinviate di un anno, affronta problemi anche a livello psicologico. In generale, le conseguenze sono state negative per tutti gli sportivi di alto livello.
Ci sono delle differenze sostanziali tra sport individuali e sport di squadra. Forse la situazione è più difficile per gli atleti che svolgono discipline individuali e devono fare i conti con se stessi.
Forse nello sport di squadra il giocatore è portato a pensare di condividere la situazione con i propri compagni. Diverso per un nuotatore, per esempio. È anche vero però che si è fatta distinzione tra sport di contatto e non. Il che ha permesso a un runner professionista di potersi allenare da solo, lontano da tutti. Non così per chi, oltre alla preparazione fisica, deve provare le dinamiche di gioco con i compagni di squadra.
Lei tiene il corso di Diritto Europeo dello Sport. Si sta discutendo della problematica forse più rilevante che è lo sport di base, rimasto sostanzialmente paralizzato. Come venire fuori da una situazione ancora in evoluzione?
È difficile uscirne. Si può correre o uscire in bicicletta, ma il vero problema riguarda tutte quelle attività, soprattutto svolte dai più giovani, che si possono svolgere solo all’interno di società e associazioni e hanno bisogno di infrastrutture, come piscine, palestre e campi di gioco al coperto. Ebbene le discipline che vi fanno riferimento restano le più penalizzate. Credo non sia stato ancora compreso quale impatto negativo sul settore sportivo. C’è la tendenza a considerare lo sport come qualcosa di cui si possa fare a meno, ma non è così.
Ritiene sia giusto pensare a delle forme di ristoro per società e infrastrutture sportive?
E’ una valutazione politica ed economica. È chiaro che ci sono vincoli di ogni genere, però forse un intervento di ristori più mirato secondo me sarebbe da prendere in considerazione.