L’Università corre forte e sa fare squadra, parola di Tortu, Rigàli, Bongiorni e Pavese

All'incontro organizzato dall'Università di Bergamo si è discusso del rapporto fra Università, Città e Sport.

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È da un po’ di tempo che l’Università di Bergamo batte questo tasto: una doppia carriera nella vita si può (quella dello studente universitario e dello sportivo di alto livello). È un tema preso sul serio trasformato in un progetto che il Dipartimento sport coordinato con le attività del Cus sta, in un certo senso, trasformando la città.

È il rettore Sergio Cavalieri a spiegare come il rapporto Università-Città-Sport sia circolare. E il prof. Francesco Lomonaco sottolinea con quanta sensibilità l’Università di Bergamo sia vicina a quanti vogliono affrontare questo duplice e contestuale cammino.

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Università di Bergamo
Il rettore Sergio Cavalieri (Foto e.p.)

Il rettore Cavalieri fa il punto sulle facilities che l’Università offre agli studenti che vogliono impegnarsi nello sport. Il fiore all’occhiello al momento è il Centro sportivo Dalmine, gestito dal Cus che offre qualcosa come 28 attività sportive e 26 attività di fitness. In dirittura d’arrivo c’è il centro sportivo di via Broseta che concentrerà soprattutto le attività del tennis, ma allo stesso tempo è in arrivo la riqualificazione del centro polifunzionale ereditato dalla Guardia di Finanza in via Statuto, un centro di 4 mila metri quadrati con una piscina di 25 metri; e in aggiunta la possibilità di poter usufruire in collaborazione con la Guardia di Finanza la nuova struttura sportiva sorta dalla riqualificazione del vecchio ospedale maggiore. Tutto perché l’università possa offrire ai propri studenti la migliore delle possibilità di potersi formare non solo sotto l’aspetto culturale, ma provvedere anche alla cura della persona e al benessere fisico. Alla fine il messaggio che ne viene fuori, attraverso la sinergia dei tanti soggetti coinvolti (Cus, Università, Guardia di Finanza, Comune di Bergamo, Provincia di Bergamo), è che se non si fa squadra non si va da nessuna parte.

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Roberto Rigali (Foto e.p.)

Per confermare la bontà del progetto è stato organizzato un incontro nell’Aula Magna dell’Università a Sant’Agostino chiamando a interloquire con gli studenti la squadra delle staffette azzurre. Per la staffetta maschile Filippo Tortu e Roberto Rigàli (mettiamo l’accento giusto, altrimenti qualcuno potrebbe arrabbiarsi per la pronuncia sbagliata), e per la staffetta femminile Anna Bongiorni e la bergamasca Alessia Pavese. Ad accompagnare gli atleti, l’allenatore Alberto Barbera.

I quattro atleti sono i testimonial perfetti per un progetto di questo genere. Innanzitutto perché sono vincenti, sono forti, sono giovani, sono disponibili e possono offrire una testimonianza utile agli studenti in corso, e non solo.

Filippo Tortu, ragazzo dalla spontaneità e dalla simpatica irresistibili, esordisce con una sottolineatura che trova scritto in presentazione sulla locandina. “Su questa locandina – dice – siamo stati presentati come atleti delle squadre delle staffette. Un po’ di anni fa un cosa del genere non si sarebbe scritta. Perché noi siamo velocisti di gare individuali. Ma è bello sentirsi parte di una squadra, avere il senso di appartenenza. È qualcosa che ti dà una forza per poter ottenere risultati insperati. Ti fa sentire un elemento migliore. Se guardiamo i tempi che abbiamo singolarmente, saremmo una delle staffette più scarse. Insieme, però, abbiamo ottenuto risultati vincenti. E si arriva lì perché siamo riusciti a fare squadra. E fare squadra non significa dormire una notte insieme solo perché sei al ritiro, ma devi costruire un percorso di amicizia”.

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Alessia Pavese e Anna Bongiorni (Foto e.p.)

Anna Bongiorni sottolinea che “quando corri in staffetta devi avere una gran fiducia di chi ti dà o chi riceve il testimone. E questo è un aspetto che viene non solo dalle tante ore e prove di allenamento, ma anche da un senso di amicizia costruito nel tempo”.

Questi ragazzi hanno anche lanciato un messaggio parlando del loro percorso scolastico personale. Anna Bongiorni si è laureata in Medicina facendo sforzi immensi per tenere insieme l’una e l’altra cosa. “Sono contenta di vedere come anche in Italia ora si stiano sviluppando progetti per le due carriere. Ho fatto molta fatica quando studiavo e mi allenavo, ma concentrando tutte le mie forze nel poco tempo a mia disposizione sono riuscita a dare il massimo anche come studentessa. Ora che sono laureata un po’ questo mi manca”.

Non è la stessa esperienza per Tortu e per Pavese. Alessia, appunto, spiega come lei ci abbia anche un po’ tentato, ma ha trovato difficoltà a mantenere lo stesso rendimento tra scuola e gare. Privilegiando al momento lo sforzo sulle gare. “Per lo studio arriverà il tempo giusto, quando riuscirò a impegnarmi anche lì al 120 per cento”. E prof. Lomonaco sottolinea come questi atleti sono ragazzi che non chiedono sconti, ma solo la giusta attenzione per poter conseguire l’obiettivo con il massimo dei risultati, come sono soliti fare nella vita sportiva. E l’Università fa due passi avanti.