Eugenio Sorrentino
Lo sport è sospeso, come il tempo che la
moltitudine delle persone trascorre tra le mura
domestiche, e segna il lento percorso della
speranza per quanti, sul fronte di una lunga
trincea, operano per salvare vite e alleviare il
dolore e la sofferenza combattendo il nemico
invisibile, e i molti altri che sorvegliano e
assicurano l’indispensabile, continuando a
lavorare. Le perdite della battaglia cieca feriscono
e la pietà umana cerca lo spazio che le è dovuto.
Ne sono coinvolti amici, colleghi, conoscenti,
compagni di viaggio. In questo scenario surreale lo
slancio e la generosità soverchiano il dovere,
testimonianza vivida di una forza morale
impareggiabile.
L’allestimento dell’ospedale da campo
dell’Associazione Nazionale Alpini nei padiglioni
della Fiera di Bergamo è un esempio della
capacità organizzativa e della forza di volontà che
ha unito gli sforzi e permesso di pianificare la
gestione allargata dell’assistenza ai pazienti
contagiati da coronavirus.Ben 142 posti letto, la
più grande struttura del genere mai realizzata,
con la regia sanitaria dell’Azienda Ospedaliera
Papa Giovanni XXIII e l’impegno di personale
medico e infermieristico dell’A.N.A., del
contingente russo, di Medici Senza Frontiere e
Emergency.
Un’opera unica, al cui completamento hanno
concorso artigiani e volontari in grande numero,
ciascuno con il suo bagaglio di esperienza e pronto
a fare la sua parte. Non c’è stato bisogno di ripetere
la chiamata, perché al primo appello la risposta è
stata lampante e più che esaustiva. Sono accorsi i
ragazzi della Curva Nord, alcuni con il cappello
d’alpino a simboleggiare il doppio senso di
appartenenza, che hanno attrezzato gli spazi a
tempo di record, con la cura e la competenza che
hanno reso la terra di Bergamo leggenda nel campo
delle costruzioni. C’è uno spirito di corpo che li
accomuna e li rende unici per modo di fare e di
essere. Sono i figli e nipoti di coloro i quali, appena
36 ore dopo il terribile terremoto dell’Irpinia 40
anni or sono, spinsero la colonna di aiuti con
uomini e mezzi per mille chilometri. In testa il
cappello d’alpino. Lo sport è sospeso, è tempo di
affrontare e vincere la battaglia che mai avremmo
pensato di combattere. Ma se qualcuno ancora si
chiede come e perché l’Atalanta gioca in
Champions League, guardi i volti dei bergamaschi,
gente che soffre ma non molla. Pronta a rialzarsi e
ripartire con la dignità che le appartiene.