Olimpiadi, una controstoria che demolisce il mito di De Coubertin tra boicottaggio, ostilità belliche e sanzioni

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Le Olimpiadi richiamano concetti ideali che, di fatto, non esistono più. Ma, forse, non sono mai esistiti. È questo il dubbio suggerito dai relatori chiamati ad affrontare l’argomento da Time Out il festival dello sport.

Stefano Bastianon, giurista; Corrado Del Bò, filosofo e Francesca Pulitanò, esperta di diritto dell’antichità nell’aula 15 dell’Università di Bergamo di via Caniana, magistralmente moderati da Franco Cattaneo, già vicedirettore de L’Eco di Bergamo, hanno demolito il mito di Olimpia, e già a partire dal titolo: “L’importante è partecipare? Controstoria delle Olimpiadi”.

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L’evoluzione delle Olimpiadi nel corso dei secoli e la sua interpretazione odierna fa di questa vetrina mondiale dello sport un punto di confronto tra gli Stati. Tra le organizzazioni politiche mondiali prima ancora che il confronto agonistico tra i singoli atleti.

Ma è così vero, come disse il barone De Coubertin, che l’importante è partecipare? Il prof. Bastianon precisa che la frase, risalente alla fine dell’Ottocento, non è nemmeno di De Coubertin, forse dell’arcivescovo della Pennsylvenia Ethelbert Talbot che disse esattamente: “L’importante non è vincere, ma partecipare con spirito vincente”. De Coubertin insistette perché gli atleti non fossero professionisti. Questo sì. Sono diversi i casi di atleti vincitori che, una volta scoperto che prendevano soldi nel proprio Paese per lo sport praticato, vennero sospesi o riportati allo stato di non vincitore con relativo ritiro delle medaglie.

Da qui la prima grande aporia del ragionamento sulle Olimpiadi. A ben guardare, oggi, non solo gli atleti gareggiano per vincere, ma vi partecipano per stravincere. I singoli Stati pongono dei limiti (metrici o di tempo) ai propri atleti per potersi qualificare ai Giochi olimpici, perché una volta lì non è bastante vincere, ma si vuole demolire il record in corso.

E se è vero – come sottolinea ancora il prof. Bastianon – che i giochi olimpici sono competizioni tra singoli atleti e non fra Stati, è altrettanto vero che poi, alla fine, si traccia un bilancio a consuntivo di com’è andata tra Stati attraverso il medagliere. Il numero delle medaglie d’oro, d’argento e di bronzo ignorano chi le ha conquistate, ma servono a fare la somma per vedere qual è lo Stato che ha dominato ai Giochi.

Quindi alla domanda L’importante è partecipare? Partecipare per vincere, possibilmente stracciando il record, che è sempre un record mondiale. Ma, allora, cosa rimane del concetto di De Coubertin? Retorica, solo vuota retorica.

Un’altra situazione, cui le Olimpiadi non si possono sottrarre, è il corso della storia dei singoli Stati nel loro esercizio di potere che può andare oltre alla questione diplomatica e sfociare nell’azione bellica. In questi ultimi anni la questione ce l’abbiamo proprio fuori casa. E le Olimpiadi possono fungere da mezzo per porre fine alle ostilità. La prof.sa Pulitanò spiega che il concetto di tregua o pace olimpica era già insita dalla nascita dei giochi.

Nell’antichità il guerriero e l’atleta erano la stessa rappresentazione. Entrambi si allenavano per vincere e venivano raffigurati secondo i canoni estetici della perfezione. Quanto di più vicino all’essere divino. Combattere il nemico o vincere una competizione sull’avversario erano praticamente la stessa cosa. Anche se nel secondo aspetto, ovviamente, tutto era organizzato per il divertimento. E la pace olimpica era riconosciuta da tutti gli Stati perché, sospendendo le ostilità belliche, si permetteva lo svolgimento dei giochi. I protagonisti, di fatto, erano sempre gli stessi: gli atleti-guerrieri.

E oggi, come allora, per chi sgarra le regole sovranazionali scattano le sanzioni, che possono essere di tipo amministrativo-pecuniario o addirittura con la sospensione alla partecipazione della manifestazione.

Un ultimo aspetto affrontato dai relatori riguarda il boicottaggio. Il prof. Del Bò sottolinea come le Olimpiadi vengano usate dalla diplomazia come leva alle proprie indicazioni politiche e il boicottaggio diventa un elemento penalizzante per gli organizzatori dei giochi. Los Angeles 1984 fu ribattezzata l’Olimpiade del boicottaggio. Dopo quello americano a Mosca nel 1980, il blocco sovietico restituì il “favore” agli americani a Los Angeles nel 1984.

C’è anche il fenomeno di atleti in auge che snobbano le Olimpiadi in ragione di risultati da raggiungere in altre occasioni come, ad esempio, i Mondiali o, nel caso del tennis, dei tornei più importanti a livello mondiale come Wimbledon. Le Olimpiadi, infine, hanno raggiunto livelli di business commerciali prima impensabili.

La controstoria di questa vicenda, alla fine, racconta che i Giochi olimpici nascono da una scorrettezza sportiva (si veda come Pelope spodestò Enomao); dove si registra una violazione della pace olimpica da parte dei Lacedemoni a cui segue una sanzione con relativa interdizione alla partecipazione dei giochi. È cambiato qualcosa? No, perché oggi come ieri alcuni Stati sono in guerra fra loro; si combatte per vincere, guerriero o atleta che sia. E se, vincendo, l’atleta non batte il record il tifoso ci rimane pure male.