“Lo sai cosa significa il tuo cognome in italiano?”. “Certo, mouse“. Quando Marko Topo ascolta questa domanda si concede un sorriso a trentadue denti, specchio di una personalità allegra, frutto di un background familiare balcanico (papà Dragoljub e mamma Snezana sono serbi), sebbene dal 2022 abbia scelto di tornare a giocare per la Germania. “Ogni volta che vengo in Italia c’è qualcuno che mi chiama ‘topolino’, il modo in cui voi chiamate Mickey Mouse“. È di buon umore, Topo, e non potrebbe essere altrimenti dopo aver raggiunto i quarti al Trofeo FAIP-Perrel presented by Intesa Sanpaolo & Sarco Lexus Bergamo.
Dopo la mini-impresa contro Choinski, ha battuto il big server kazako Beibit Zhukayev, che in classifica gli sta dietro di appena una posizione (n. 282 contro n. 283). È finita 6-4 7-6 e per lui ci sarà un quarto di finale contro chi emergerà dal derby Passaro-Sciahbasi. “Beibit serve benissimo, ma nel primo set ho risposto altrettanto bene – racconta Topo –. Ho trovato quattro grandi risposte e l’ho brekkato. Sono contento di aver poi cancellato tutte le occasioni che lui ha avuto per tornare in partita. Nel secondo abbiamo servito entrambi molto bene, ma nel tie-break ho giocato bene tutti i punti. Alla fine soltanto un paio hanno fatto la differenza“.
Numero 400 del mondo a inizio anno, ha scalato oltre cento posizioni grazie a due tornei vinti e alcuni piazzamenti di rilievo nel circuito Challenger. “È stata una buona stagione, sia pure con alcuni alti e bassi – racconta – quando ho potuto giocare ho reso bene, ma ho avuto un problema allo stomaco che mi ha impedito di giocare per un paio di mesi in estate. Nonostante le battute d’arresto, posso dire di aver avuto una buona stagione. Poteva andare meglio, ma tutto sommato va bene così“. Intanto ha già fissato gli obiettivi per il 2026: giocare le qualificazioni in tre Slam su quattro (“Per Melbourne è troppo tardi, ma da Parigi in poi voglio esserci“) e chiudere tra la centesima e la centocinquantesima posizione ATP. Per riuscirci, ha scelto di affidarsi al coach che lo segue come un’ombra anche a Bergamo, Timon Reichelt.
DJOKOVIC, LA SERBIA, LA GERMANIA – “La mia base è a Stoccarda con lui, però io vivo a Monaco di Baviera. La mia famiglia abita ancora lì, quindi mi capita di andarci spesso e talvolta di allenarmi, però sono più spesso a Stoccarda“. Topo non lo dice, ma di tanto in tanto trascorre un po’ di tempo presso il Tennis Club Djukic di Belgrado, città in cui ha vissuto per quattro anni e ha avuto la possibilità di allenarsi spesso con Novak Djokovic. La prima volta aveva quindici anni, e nei primi dieci minuti di allenamento era nervosissimo. Poi ha avuto la fortuna di effettuare diverse sessioni di allenamento con la leggenda serba. Inevitabile chiedergli cosa renda Djokovic così speciale. “Tutto. Parto dal presupposto che secondo me è il GOAT, senza dubbio – racconta – e per essere il migliore di sempre devi essere speciale in tutto: avere la migliore mentalità, il miglior rovescio, la miglior risposta, le migliori qualità atletiche… Vincere un altro Slam? Quest’anno ha giocato quattro semifinali, non è troppo lontano, però Sinner e Alcaraz sono più giovani, più in forma e stanno giocando in modo incredibile. Dalla semifinale in poi è dura, perché a quel punto deve batterli entrambi. Gli darebbe una mano una prematura eliminazione… Ma lui è il GOAT, quindi tutto è possibile“.
Djokovic è l’assist perfetto per comprendere meglio il rapporto di Topo con la Serbia, da lui rappresentata fino al 2022. Come mai ha scelto di giocare per la Germania? “In realtà la domanda corretta sarebbe chiedermi perché a suo tempo ho giocato per la Serbia – spiega Topo – sono nato in Germania e ci ho vissuto tutta la mia infanzia. A 15 anni mi sono spostato a Belgrado per motivi economici, in Serbia la vita è meno cara e ho avuto un buon sostegno. I miei genitori vengono da lì, dunque ci ho abitato per 3-4 anni. È stato un bel periodo e per questo ho scelto di rappresentare la Serbia. Poi però sono tornato in Germania, mi sono sentito bene, ho pensato che era il Paese della mia infanzia e per questo ho scelto di rappresentarlo di nuovo“. Con un sorriso, Topo torna a effettuare il defaticamento nella palestra della ChorusLife Arena, perché lo chiameranno pure “Topolino”, ma il 22enne nato a Grafelfing, sobborgo a ovest di Monaco di Baviera, è davvero ben messo atleticamente. “So che non mi manca nulla per entrare tra i top-100 e respirare l’aria del tennis che conta. Devo semplicemente essere più costante, settimana dopo settimana. O almeno quasi tutte le settimane“.

SUPER TRAVAGLIA, BATTICUORE ARNABOLDI: L’ITALIA VA – Prosegue l’avventura di Stefano Travaglia, che a Bergamo ha scelto di chiudere la stagione (si è infatti cancellato dal Challenger di Atene della prossima settimana). Dopo il giovane Dodig, ha superato lo slovacco Milos Karol in un match “chirurgico”, nel senso che gli sono bastati due break per sigillare il punteggio di 6-4 7-5. Uno strappo nel primo game, e un altro sul 5-5 del secondo gli hanno permesso di battere un avversario ostico, a dispetto di una classifica che lo vede al numero 449. Accompagnato da coach Alessandro Motti, il marchigiano ha evidenziato un buon ordine tattico e una condizione fisica ottimale.
Aiutato dal campo della ChorusLife Arena, piuttosto lento, riesce ad esaltare le sue qualità difensive. E con il dritto fa male: intanto è certo di chiudere l’anno tra i top-200 ATP (è virtualmente al numero 193), traguardo non scontato visto che il suo 2025 è scattato soltanto ad aprile per un problema al tendine rotuleo del ginocchio. Intanto è certo di giocare le qualificazioni all’Australian Open, poi non avrà punti da “difendere” nei primi tre mesi dell’anno. E chissà che il sogno di riavvicinarsi ai top-100 non possa concretizzarsi.

L’Italia è certa di avere almeno un giocatore in semifinale, poiché Travaglia se la vedrà con il lucky loser Federico Arnaboldi, emerso da un match tiratissimo, quasi folle, contro Nerman Fatic. La settimana del comasco sta assumendo le sembianze di una favola: eliminato nelle qualificazioni, dopo il ripescaggio nel main draw ha eliminato la testa di serie numero 1 e poi ha vinto un match quasi surreale contro il bosniaco. Avanti 7-5 3-0, Arnaboldi ha avuto un pesante passaggio a vuoto e si è trovato a giocare il terzo. Nel set decisivo è stato per due volte in svantaggio di un break (4-3 e 5-4), ma in un mare di paure il match si è protratto tra scambi lunghi, quasi surreali.
Il merito di Arnaboldi è stato di restare attaccato al match, anche nei momenti peggiori. E ha vissuto momenti duri nell’ultimo game: con Fatic al servizio è stato 15-40 e sul primo matchpoint ha sbagliato un facile passante ravvicinato, mentre sul secondo il bosniaco ha giocato una complicatissima volée vincente. Ce n’era abbastanza per andare fuori di testa, ma la quarta occasione è stata quella buona. E così Arnaboldi ritrova i quarti di un Challenger dopo cinque mesi, durante i quali c’è stata una striscia di dodici sconfitte consecutive. Ed è curioso, quasi simbolico, che questa piccola rinascita arrivi nella città in cui ha vinto il suo primo titolo professionistico: nel 2021, infatti, si impose al torneo ITF del vicinissimo TC Città dei Mille. E anche allora era partito dalle qualificazioni. I prossimi giorni diranno se è un segno del destino. Travaglia-Arnaboldi sarà il primo scontro diretto tra i due, dopo che due mesi fa, a Biella, l’ascolano diede forfait prima di scendere in campo.
BIGLIETTI – All’esterno del palazzetto, posizionata tra i Gate 2 e 3, si trova la biglietteria per acquistare i tagliandi per le varie sessioni. In alternativa, si possono acquistare online sulle piattaforme TicketOne e Clappit, i cui link diretti sono reperibili dal sito del torneo www.internazionalidibergamo.it. (Fonte: Internazionali di Bergamo Faip-Perrel)













