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Campioni di Vita

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Simone Fornoni

In comune, l’ex militanza negli Omero Runners
Bergamo e la scelta paralimpica nel 2011. F11 e
T43, non vedente e biamputata: Oney Tapia,
discobolo cubano di Sotto il Monte con esordi nel
goalball, e Federica Maspero, canturina che ama la
medicina e la pista. “I ‘Campioni di Vita’ sanno
farsi trovare pronti, oltre i limiti, quando i loro
percorsi cambiano, trasmettendo l’esempio di una
conquista”, la premessa del presentatore-leggenda
del volley Andrea Lucchetta alla tappa
dell’Auditorium di piazza Libertà del ciclo di
incontri di RG sostenuti da Intesa SanPaolo. 300
studenti superiori tra i 14 e i 19 anni hanno accolto
il martedì mattina anche Adriano Panatta, eroe di
Coppa Davis ’76. Guarda caso l’anno di nascita del
testimonial dal passato nel baseball, in Italia a
Lodi e Montorio Veronese: “Il mio sogno da
bambino. Non mi separavo mai dal guanto, anche
se praticavo di tutto – la rivelazione di Tapia, 44
anni il 27 febbraio -. Il 25 maggio 2011, durante
una potatura, il tronco in faccia e i bulbi oculari
danneggiati”. Senza impedirgli il secondo posto a
Rio de Janeiro 2016 e ai Mondiali a Dubai nel
2019, e gli ori, negli Europei ’16-’18 a Grosseto e
Berlino (con record, allora, di 46,07 metri):
“La competizione vera la vivo con me stesso,
arricchendomi al di là degli ostacoli. Ho vinto
‘Ballando con lo stelle’ nel 2017: ero cieco quando ci
vedevo e ora che sono cieco ci vedo sentendo il
profumo della natura. Per le Paralimpiadi di Tokyo
servono tecnica ed equilibrio: lo sport è amore e
piacere, è un angolo di pace come la gabbia del
disco”.
Per Federica la quattrocentista, argento ai Mondiali
di Londra nel 2017, uno stimolo d’eccezione: “Alex
Zanardi, alle Paralimpiadi di Rio, mi disse che non
dovevo essere soddisfatta senza il podio. Medaglia
sfiorata per tre volte, dai Mondiali di Doha del
2015. Ai 320 metri l’acido lattico cerca di frenarti,
una metafora della vita: deve scattarti qualcosa
dentro”. La filosofia di chi non si è fatta tarpare le
ali dal regalo di compleanno sgradito il 19 novembre
2002: “Le protesi sono parte di me, devo superare io
per prima la mia diversità. Quindi corro. Il sogno di
curare gli altri mi ha consentito di affrontare a 24
anni il meningococco B: sette settimane di coma,
alla quarta amputate le gambe sotto il ginocchio e le
dita tranne i pollici. Lo sport, scoperto durante la
specializzazione in oncologia negli USA, mi ha fatto
riconquistare le mente e il corpo”.

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