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Un macigno sull’attività sportiva minore

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Leonio Callioni

Giorno dopo giorno si stanno sgretolando le nostre speranze che la situazione termini la sua discesa. Invece è sempre peggio e ci aspettiamo quello di cui avremmo tanto desiderato non sentir più parlare: il blocco totale. Si ferma lo sport, si fermano i campionati, si fermano i bambini.

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Cosa possiamo fare? Sappiamo di essere, come Comitato CSI di Bergamo, un punto di riferimento per società, dirigenti e atleti. Dobbiamo prendere atto della situazione e vedere se c’è, nascosto da qualche parte, uno spicchio di luce al quale attingere per andare avanti.

Tutto però va fatto con serietà e rispetto. Pensare che, nella situazione che si è creata, la soluzione sia rappresentata dai pugni picchiati sul tavolo di qualche amministratore regionale è sbagliato.

Appena varate le norme della Regione Lombardia abbiamo presentato le nostre istanze, e cioè la richiesta di consentire almeno l’attività fisica dei bambini, dei ragazzi, degli adulti, a livello di allenamento, mantenendo le distanze, senza contatto. Chiaramente è solo una parvenza di gioco, ma almeno c’è la possibilità di stare un po’ con gli amici, di fare una salutare sudata, di uscire di casa. Può sembrare poco, invece è provvidenziale come una boccata d’aria pura.

La strada che il CSI sta seguendo è quella istituzionale e associativa. Da una parte un dialogo aperto, continuo, con la Regione e con il Governo. Il presidente nazionale Vittorio Bosio, formatosi nell’attività sportiva a Bergamo, sia a livello organizzativo che a livello praticato (quindi competente) è in continuo dialogo, come da sempre, con tutti gli esponenti politici, con il ministro dello Sport e della Salute, ma anche con gli altri Enti di promozione sportiva. Recentemente ha scritto al Presidente del Consiglio Conte. Un dialogo che serve ad offrire a chi deve prendere le decisioni e scrivere le norme, l’esperienza di chi sta sul campo, di chi organizza da oltre 75 anni lo sport alla portata di tutti. Cioè lo sport socialmente e culturalmente più rilevante.

C’è il rischio, molto serio, che vadano in fumo mesi di preparazione, di incontri con le famiglie, di raccolta fondi, di progetti. C’è soprattutto il rischio che vada in frantumi la fiducia e che i dirigenti delle società sportive, magari incalzati dalle famiglie o dagli iscritti, gettino la spugna, impossibilitati a sopportare il peso di una pandemia maledetta e pericolosa, che lascerà un segno impressionante e doloroso nelle nostre comunità. Speriamo che questo non avvenga; noi, Comitato, siamo loro vicini.