Federica Sorrentino
Un mese lontano dai propri beniamini in campo.
Vale per tutti ed è il sacrificio richiesto a milioni di
persone che amano seguire lo sport nelle sue varie
espressioni, che per la maggior parte si identifica
nella squadra del cuore. Il rito di recarsi allo
stadio o all’interno di un palazzetto, come pure su
un qualsiasi teatro o percorso di gara, risponde al
desiderio di vivere l’avvenimento agonistico,
esserne partecipi con la spinta emotiva e
passionale, farsi coinvolgere e scoprirsi
coinvolgenti.
Ci sono momenti a cui mai si vorrebbe rinunciare,
eppure il senso di responsabilità prevale e l’animo
dello sportivo, benché a malincuore, accetta la
regola imposta dalle circostanze. L’espressione “a
porte chiuse” fino a poco tempo fa era riconducibile
a quadri sanzionatori che punivano
comportamenti scomposti e violenti di frange del
tifo. Inimmaginabile che il Governo avrebbe fatto
ricorso generalizzato a questa soluzione per le
motivazioni che tutti conosciamo. Ed è questa
l’occasione per dimostrare l’amore per lo sport, la
squadra e l’atleta del cuore, per ribadire che la
propria fedeltà ai colori di una maglia non viene
meno anche quando si diventa spettatori davanti
alla televisione o in streaming.
L’epoca in cui viviamo ci espone a rischi naturali
quanto o forse più che nel passato, ma ci mette a
disposizione anche gli strumenti per colmare le
distanze e fare audience. Sarà come assistere a una
partita della Nazionale di calcio in un campionato
mondiale giocato in terre lontane, liberando la
mente dall’idea che quanto vediamo sullo schermo
avviene a due passi da casa e diventa frustante
starne fuori.
Strano a dirsi, ma proprio lo sport può diventare la
valvola di sfogo di una situazione che limita il
raggio d’azione della persona, costringendo a
osservare norme tese a salvaguardare la salute. E
lo sport può regalare la prima, importante rivincita
per essere pronti a ripartire e riprendere
confidenza con le consuetudini. Attori e spettatori: i
primi sentono di dipendere dagli altri, i secondi
avvertono il legame inscindibile con chi li
rappresenta nella competizione.
All’atto della momentanea separazione si attiva il
gioco delle parti. Sentire reciprocamente la
presenza e la vicinanza risponde a una sorta di
gioco delle parti. Chi scende in campo sa di dovere
regalare l’entusiasmo che sarebbe esploso sugli
spalti e attende solo di essere esternato quando
sarà il momento.