La partita del 26mo turno di campionato tra Atalanta e Fiorentina, un return-match ravvicinato dopo il primo round della doppia sfida per l’accesso alla finale di Coppa Italia, si inserisce tra due importanti momenti valoriali fuoricampo: il conferimento da parte del CSI del premio “Campioni nella vita” a Emiliano Mondonico, il mister che ha insegnato non solo tattica ma il significato che si accompagna allo sport del calcio prima, durante e dopo ogni prestazione, e la celebrazione religiosa di lunedì 4 marzo a San Pellegrino in suffragio di Davide Astori, venuto a mancare un anno fa nello sconforto della famiglia, dei suoi compagni di squadra vecchi e nuovi, di chi lo ha conosciuto e apprezzato come persona, e dell’intero movimento calcistico. Mondonico e Astori hanno scritto in stagioni diverse la storia della squadra viola e condiviso lo spirito bergamasco, per nascita e amore. Nel cuore della partita, come su tutti i campi di calcio di serie A, il 13’ minuto segnerà l’omaggio a Davide Astori che portava sulla maglia questo particolare numero primo, e prima del calcio d’inizio agli oltre 18mila spettatori attesi sugli spalti verrà ricordata l’importante funzione svolta da 20 anni dall’Associazione Oncologica Bergamasca, che fa perno sulla famiglia Radici, main sponsor dell’Atalanta.
Ci sono tutti i presupposti per fare della partita di calcio un momento di grande partecipazione e sportività. Se non fosse che a Firenze, partendo dallo stadio, è accaduto qualcosa che, senza una vera spiegazione, stride con il richiamo ai valori propagandati nel ricordo di Davide Astori. Minacce verbali, insulti, insofferenza anche nei settori “nobili” dell’Artemio Franchi (altra figura che ha lavorato per unire gli attori del calcio) all’indirizzo di chi professa con gioia il tifo per la squadra avversaria. Di queste testimonianze ne sono state raccolte a decine. Mentre i 2.500 bergamaschi nel settore ospiti hanno dato vita al solito spirito e alle manifestazioni di entusiasmo che accompagnano il seguito alla squadra atalantina; elementi che, va ricordato, restano tali anche quando il risultato non sorride. E proprio qui è racchiusa l’importanza del senso di appartenenza e del progetto che la famiglia Percassi conduce per fare dello stadio il luogo della famiglia, in casa e in trasferta. Le carovane che si sono mosse fino a Reggio Emilia per sostenere l’Atalanta in Europa sono l’esempio di un movimento che ama colorare gli spalti e vivere le emozioni che il campo offre. Quando accaduto sulla strada del ritorno da Firenze, in quello che sembrava un tranquillo defluire in direzione di Bergamo, ha offuscato una serata infrasettimanale di cui si sarebbe ricordato solo gioco e risultato. Quanto accaduto deve essere chiarito assolutamente, nel rispetto di chi si dice aggredito e percosso senza motivo e nel rispetto della divisa indossata da chi è chiamato a difendere la pubblica sicurezza. Se qualcuno ha sbagliato, se ne assumerà la responsabilità. Ma il vero riscatto fa leva su quanto Bergamo saprà esprimere civilmente nel proprio stadio, dove è annunciato uno striscione per chiedere “verità e giustizia”.