Una settimana di dolore e lacrime, passata a onorare la memoria di Piermario Morosini. Poi la ripresa dei campionati e, purtroppo, il ritorno all’inciviltà. Ci eravamo illusi che l’esempio dello sfortunato giocatore del Livorno, campione in campo e di lealtà e straordinario interprete dei valori umani fuori, diventasse lezione permanentemente condivisa in tutte le categorie e in ogni circostanza. Ci aveva confortato il comportamento esemplare del pubblico di Padova, dove si è disputata la prima gara ufficiale dopo lo stop deciso dalla Figc in segno di lutto per il dramma di Morosini. Di fronte al dominio del Pescara, che ha inflitto una pesante sconfitta ai patavini, gli spettatori dell’Euganeo hanno accettato il verdetto del campo e applaudito. Esattamente il contrario di quanto avvenuto allo stadio Marassi, già tristemente famoso le minacce e intemperanze del serbo Ivan il terribile in una gara di qualificazione della Nazionale al campionato europeo. Il Genoa di Malesani crolla letteralmente di fronte al Siena, che segna tre volte nel primo tempo e fa quaterna a inizio ripresa. La reazione dei sostenitori del Grifone è inaspettata e ingiustificabile. L’arbitro Tagliavento è costretto a sospendere la partita all’8’ del secondo tempo, mentre i più facinorosi arrampicati sulle barriere divisorie pretendono che i calciatori genoani smettano la maglia, evidentemente perché ritenuti indegni di indossarla. Vale la pena chiedersi se è giunto il momento di mostrare fermezza assoluta e intervenire duramente e definitivamente affinché cessino questi comportamenti. Lo stadio non può essere un luogo di guerriglia, certe frange non possono continuare a mettere in scacco lo spettacolo sportivo. Per la cronaca, la partita tra Genoa e Siena è stata fatta riprendere. La vergogna è rimasta. Tra le sciarpe riposte sulla bara di Morosini c’era anche quella del Genoa, che una parte dei tifosi rossoblu disonora.