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Zaccaria Cometti ol portèr

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Eugenio Sorrentino

«Nömèr vü, portér», Numero 1, Portiere. Così
Zaccaria Cometti, da Romano di Lombardia e per
15 anni estremo difensore dell’Atalanta, si rivolse
a Papa Giovanni XXIII durante un’udienza in
Vaticano. Parlarono in stretto dialetto bergamasco
e il Pontefice se ne compiacque.
Il dialetto e il senso di appartenenza alla maglia
dell’Atalanta hanno contraddistinto la vita di un
uomo e calciatore descritto semplice, schietto e
genuino, attaccato ai colori e alla sua terra.
Fuori dal campo si dice palesasse una certa
timidezza, tra i pali faceva valere la sua presenza
di solido atleta e incarnava lo spirito dei grandi
portieri di scuola atalantina. Cometti aveva un
senso particolare della posizione in porta.
Allievo di Carlo Ceresoli, ex-portiere neroazzurro
e della nazionale, esordì in prima squadra a soli
19 anni per poi vestire la maglia n. 1 che poi
cedette al compagno Pier Luigi Pizzaballa il 2
giugno 1963 nella storica partita che valse la
conquista della Coppa Italia. Trofeo che fu anche
suo, naturalmente, avendo contribuito al cammino
trionfale dell’Atalanta nella manifestazione.
Cresciuto nella Fiorita, società locale, fu in forza
all’Atalanta dal 1957 al 1970, totalizzando 204
presenze e vincendo, per l’appunto, la Coppa Italia
1963: 177 in campionato, 11 in Coppa Italia, 6 in
Coppa Rappan, 4 in Coppa dell’Amicizia, 5 in
Mitropa Cup e 1 in Coppa delle Coppe, il 14 ottobre
1963, nello spareggio di Barcellona vinto dallo
Sporting Lisbona per 3-1. Nel corso della carriera,
un grave infortunio di gioco all’inizio di una
Atalanta-Juventus gli costò una lunga assenza
dalla squadra.
Cometti, dopo aver concluso la carriera a Trento
ritirandosi nel 1972, tornò all’Atalanta come
tecnico nelle giovanili dal 1975 al 1977 e fu quindi
vice della prima squadra fino al 1990, da Titta
Rota a Emiliano Mondonico passando per Bruno
Bolchi, Giulio Corsini, Ottavio Bianchi e Nedo
Sonetti. La chiusura nel ’92 da preparatore dei
portieri, sotto Bruno Giorgi che aveva sostituito
Piero Frosio, prima dell’avvento di Marcello Lippi
in panchina.
In totale 38 anni legato all’Atalanta, un assoluto
esempio di fedeltà ai colori nerazzurri.
Per tutti è da considerare tra gli atalantini di
sempre. Sarebbe stato sicuramente sugli spalti a
seguire la sua squadra in Champions League se un
maledetto avversario, partito in fuorigioco, non lo
avesse sorpreso infilando la porta che aveva
lasciato vuota.

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