Seriate, il racconto di Valentina Vezzali tra vittorie, delusioni e maternità

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di Marco Cangelli
Nella vita come nello sport, quando si raggiunge un obiettivo, non ci si può fermare e cullarsi nell’autocompiacimento, altrimenti ci sarà sempre qualcuno che ha più fame di te e ti supererà. Per rimanere al passo, bisogna sempre mettersi in discussione“.

Queste parole arrivano da una delle più grandi campionesse dello sport italiano e mondiale come Valentina Vezzali, un’atleta in grado di conquistare nove medaglie olimpiche in cinque partecipazioni aggiudicandosi il titolo per tre volte consecutive.

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Numeri che potrebbero fare impallidire chiunque, soprattutto se si aggiungono i 26 podi mondiali e le undici Coppe del Mondo, ma che sono il sintomo di una mentalità vincente che ha consentito alla campionessa jesina di diventare una delle schermitrici più amate del panorama internazionale.

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Il saluto del sindaco di Seriate Cristian Vezzoli (Foto di Marco Cangelli)

Dietro alle statistiche si nasconde però la passione di una donna che è entrata in palestra all’età di 6 anni seguendo le orme della sorella Nathalie e che l’ha vista pian piano scalare le graduatorie come spiegato a Paolo Marabini nel corso della presentazione del nuovo libro “La regina del fioretto” andata in scena alla Biblioteca dello Sport di Seriate.

Mi hanno spesso detto che ero un robot e non sapevo perdere, rimanendo soltanto una campionessa in ambito sportivo. Tutto ciò non era vero anche perché ho iniziato seguendo mia sorella che aveva un’amica che faceva scherma e il suo nome è Giovanna Trillini. Il mio punto di riferimento all’epoca era Dorina Vaccaroni, ma molto lo devo a mio padre che mi seguiva in ogni allenamento e con cui mi confrontavo ogni sera – ha raccontato Vezzali -. Di lui ricordo la mia prima partecipazione al Gran Premio Giovani quando, appena concluso il torneo con una vittoria, non ho fatto in tempo a prendere in mano la medaglia che mi ha iniziato a far roteare. Purtroppo è scomparso quando avevo 15 anni a causa di un brutto male, tuttavia grazie allo sport sono riuscita a riprendermi e una settimana dopo ero nuovamente in pedana a Lisbona a vincere il mio primo titolo mondiale Under 20“.

La voglia di vincere ha spinto Vezzali ad andare sempre oltre superando anche le difficoltà e le delusioni che hanno contraddistinto la carriera di una schermitrice che ha saputo rimanere al comando del ranking mondiale per 500 settimane consecutive.

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Foto di Marco Cangelli

Ciò l’ha spinta a cercare sempre di più la perfezione in ogni aspetto, tanto da volere analizzare possibili stoccate portate a segno da parte delle avversarie in occasione di incontri vinti con ampio margine.

Un modo di essere che le ha permesso di raggiungere ogni traguardo prefissato, indipendentemente dai fattori esterni che la potessero frenare: “Nel 1992 ho conquistato il mio primo titolo italiano assoluto a cui si sono aggiunti un argento e due bronzi in Coppa del Mondo. Mi aspettavo di essere convocata per le Olimpiadi di Barcellona e poter così vincere, tuttavia il commissario tecnico ha preferito portare al posto mio Vaccaroni che aveva svolto soltanto due gare venendo subito eliminata – ha confessato la fuoriclasse azzurra -. Nonostante ciò sono andata a Venezia ad allenarmi e da lì ho iniziato a pensare a partecipare quattro anni dopo benché avessi di fronte quattro compagne giovanissime in grado di conquistare il titolo a squadre e una Giovanna Trillini che aveva trionfato nell’individuale con un crociato rotto. Sembrava impossibile eppure, dopo essere stata esclusa dai Mondiali 1993 nonostante sei finali di Coppa del Mondo, sono riuscita a raggiungere quel traguardo ad Atlanta 1996“.

Quella bambina che a 10 anni, solcando per la prima volta l’ingresso del PalaEur, rimase colpita da un cartellone pubblicitario con scritto “In molti partecipano, soltanto uno vince” è diventata anche una precorritrice cambiando il mondo dello sport italiano e non solo aggiudicandosi il Mondiale nel 2005 a soli quattro mesi dalla nascita del figlio Pietro.

Per un’atleta abituata ad allenarsi 7-8 ore al giorno e abituata a un regime alimentare particolarmente rigido, fermarsi per nove mesi non è assolutamente semplice. Considerate che quando ho iniziato a correre dopo cinque settimane dopo il parto, non ero più in grado quindi ho dovuto seguire un percorso per tornare a fare ciò che ero abituata. Non potendomi allenare con il mio coach Giulio Tommasini, alle prese con un virus, ho dovuto affidarmi al mio staff, mentre mia madre veniva in palestra con mio figlio che mi fermavo ad allattare. A settembre ho iniziato il raduno al Centro Federale e il commissario tecnico mi ha detto che la mia convocazione sarebbe stata valutata e confermata eventualmente una settimana prima dei Mondiali – ha concluso Vezzali -. La sera stessa ho incontrato il presidente federale al quale ho fatto osservare come io, quando punto a un risultato, lo faccio perché so di poterlo centrare. Il giorno dopo sono stata convocata e così ho vinto i Mondiali partendo dalle eliminatorie. Grazie a quella esperienza la Federazione ha inserito nel proprio regolamento il congelamento delle atlete in maternità nelle posizioni di ranking e l’indennità di allenamento, un provvedimento inserito nel 2014 anche nelle norme del Coni“.