Il Terzo Tempo dei Campioni. Guardare le Paralimpiadi dall’alto: Davide Bendotti e la storica scalata a Capanna Margherita

Il 29enne di Colere ha raccontato la propria impresa che lo ha portato sino al rifugio più alto d'Europa con l'obiettivo di prendere parte alle Paralimpiadi di Milano-Cortina 2026.

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Non ci sono limiti che non possono essere superati nel corso della propria vita. La dimostrazione arriva direttamente da Davide Bendotti, atleta della Nazionale Italiana di sci alpino paralimpico che ha superato le ardue pendenze del Monte Rosa prima di giungere ai 4554 metri di Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Italia.

Coinvolto in un incidente stradale nel 2011 che lo ho costretto all’amputazione della gamba sinistra, il 29enne di Colere ha trovato nella montagna un modo per ripartire e ricostruirsi una vita dedita all’alta quota. In grado di prendere parte alle Paralimpiadi di Pyeongchang 2018 e Pechino 2022, il portacolori del Gruppo Sportivo Paralimpico della Difesa si è armato di ramponi e buona volontà andando oltre le difficoltà legate a un’impresa alpinistica riscrivendo la storia del mondo paralimpico.

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Quest’estate ha scalato il Monte Rosa raggiungendo Capanna Margherita, il più alto rifugio d’Europa. Com’è riuscito in questa impresa?
“La scorsa primavera la fisioterapista Elena Semplici mi ha proposto questa spedizione insieme all’alpinista Luca Colli. L’obiettivo era raggiungere il rifugio, tuttavia, avendo perso una gamba in un incidente motociclistico nel 2011, il percorso è stato adattato. Siamo infatti saliti con delle particolari stampelle che, invece di aver i tradizionali gommini, erano forniti di ramponi. Se è vero che abitando in montagna, d’estate faccio escursionismo, dall’altra parte sono abituato ad affrontare dei sentieri compatti e ben delineati. Motivo per cui all’inizio di questa spedizione ero un po’ preoccupato nell’affrontare un ghiacciaio. Sono bastati però pochi passi sulla neve per concentrarmi solo sulla risalita. Il team che era con me mi ha fatto sempre sentire a mio agio e questo mi ha consentito di compiere questa impresa. La discesa me la sono goduta molto di più visto che, essendo un atleta della Nazionale, ho potuto farla in totale tranquillità”.

Come si prepara una spedizione di questo genere, considerato che si è a oltre 4000 metri d’altezza?
“La spedizione è stata fatta a inizio luglio, motivo per cui non avevo alle spalle una grande preparazione atletica visto che le gare si svolgono in inverno. Avevo però già alle spalle una serie di allenamenti in palestra, in bicicletta e qualche camminata in montagna che mi hanno permesso di trovare una giusta base per affrontare tutto quanto. Con il passare delle ore ho sentito un po’ di affaticamento, in particolare alle spalle, però fortunatamente non ho avuto grossi problemi di respirazione”.

slalom speciale
Davide Bendotti fra i pali stretti dello slalom speciale

Attualmente le montagne sono accessibili per tutti oppure è ancora necessario lavorare su questo fronte?
“Penso sia complicato rendere la montagna accessibile a tutti. So che vicino a casa mia, ai piedi della Presolana, è stato realizzato un percorso che consente a ragazzi in carrozzina e a persone ipovedenti di raggiungere Baita Cassinelli. Certamente ci sono dei tratti dove è possibile intervenire con opere strutturali, altri rischierebbero di andare a deturpare in maniera eccessiva l’ambiente montano che va comunque rispettato”.

Nel 2011 ha subito un grave incidente stradale che lo ha portato all’amputazione di una gamba. Lo sci le ha consentito di iniziare una nuova vita?
“Purtroppo sono stato vittima quell’estate di un incidente in motocicletta dove ho perso la gamba sinistra sino all’altezza della coscia, ma soprattutto ho perso il mio carissimo amico. La tragedia non è stata facile da superare, ma fortunatamente ho avuto modo di usufruire dell’aiuto della famiglia, degli amici e degli abitanti del mio paese che, essendo una piccola comunità mi ha sostenuto moltissimo nella ripresa della quotidianità. Da un punto di vista sportivo Luca Carrara, un atleta paralimpico della Val Gandino, ha incrociato mia mamma a sciare a Colere. Avendo appena subito l’incidente, lei si è permessa di chiedere come si potesse sciare con soltanto una gamba e se potesse darmi alcune informazioni. Il giorno stesso è venuto a casa mia e insieme ci siamo dati appuntamento di tornare a sciare visto che prima dell’incidente svolgevo questa attività, ma solo per divertimento. Ci siamo quindi trovati al Passo della Presolana, sulle piste del Donico, e grazie ai suoi consigli sono riuscito ad affrontare le mie prime discese e prendere quindi fiducia nel nuovo attrezzo. Luca è stato importante perché mi ha spronato e stimolato a provare le gare, motivo per cui ho iniziato poi la preparazione per i Campionati Italiani 2014 in programma a Prato Nevoso. I risultati non sono stati ottimi, anche perché era difficile ambire a un buon risultato senza esperienza. Quest’occasione è stata fondamentale per capire quale fosse il mio percorso e a gennaio 2015 ho iniziato la carriera internazionale con le prime gare in Austria”.

Slalom gigante
Davide Bendotti affronta lo slalom gigante

Come si suddividono le gare di sci alpino paralimpico?
“Nello sci alpino paralimpico ci sono tre diverse categorie: i visually impaired che comprende gli atleti ipovedenti, la categoria standing che unisce tutti coloro che gareggiano in piedi e la sitting che interessa tutti i ragazzi che non riescono a usare gli arti inferiori per una doppia amputazione o per una paraplegia. In questo settore c’è un sistema di calcolo del tempo che si chiama crack system e consente di tarare il crono sulla base della disabilità di cui si è affetti”.

Nel 2018 ha affrontato per la prima volta le Paralimpiadi, esperienza che ha ripetuto quattro anni dopo. Ci racconta quali emozioni ha provato in quelle due occasioni?
“Le Paralimpiadi racchiudono sempre storie tragiche come la mia ed è quindi bello confrontarsi sull’utilizzo di ausili e protesi, capire quanto siano più avanti nel resto del mondo e diventa quindi un’occasione per incontrare persone provenienti da tutto il mondo. Motivo per cui sono state entrambe due eventi bellissimi. Ho avuto la fortuna, il piacere e l’onore di partecipare a manifestazioni fondamentali per un atleta, anche se fra loro si sono differenziate in quanto Pyeongchang rappresentava la prima partecipazione e soprattutto non c’era il Covid. Ciò ci ha consentito di confrontarci con atleti provenienti da tutto il mondo. A Pechino invece i contatti erano molto limitati e per questo abbiamo diviso la vita fra piste e albergo”.

Lei gareggia in tutte discipline disponibili. Ciò la rende un atleta polivalente? C’è una disciplina che preferisce?
“Fino al 2018 sono stato polivalente a tutti gli effetti visto che erano i miei primi anni di carriera e dovevo fare esperienza in tutte le discipline. Da quel momento in poi ho cercato di specializzarmi nelle discipline tecniche e in particolare nello slalom speciale dove posso ottenere più risultati. Non correndo solo con ragazzi come me a cui manca un solo arto inferiore, spesso diventa difficile per noi ambire a piazzamenti importanti. Un atleta LW2 non riesce a centrare una medaglia paralimpica da Sochi 2014. Questo è un po’ il limite per cui continuo a lavorare, ma è necessario un cambiamento che arrivi dalla FIS”.

Discesa libera
Davide Bendotti in discesa libera

C’è la speranza che in futuro si possano suddividere ulteriormente le categorie affinché si trovi un vero equilibrio?
“È quello a cui ambisco, ma la vedo difficile. Circa una trentina d’anni fa esisteva questa suddivisione, le gare duravano poco, ma le premiazioni erano infinite visto che andavano premiati ragazzi e ragazze di ogni disabilità. Per dare meno medaglie hanno deciso di fare questi accorpamenti che hanno favorito alcune sottocategorie e penalizzato altre come la mia. Per esempio a Pechino 2022 nel gigante sono stato il migliore fra gli atleti mono-gamba, però nella classifica standing sono giunto attorno alla ventesima posizione”.

Quali sono i suoi obiettivi per questa stagione?
“Fra poco inizierà la Coppa del Mondo, ma quest’anno non ci saranno grandi eventi come Mondiali o Paralimpiadi. Daremo molta importanza alle gare di Coppa Europa, Coppa del Mondo e Campionati Italiani”.

In conclusione, c’è un sogno che le piacerebbe realizzare?
“Sicuramente sarebbe una bella medaglia paralimpica che penso possa essere il sogno di tutti gli atleti e rappresenterebbe il coronamento dei numerosi sacrifici fatti durante la mia carriera. Legandomi a questo discorso, molte volte ci ritroviamo a dover allenarci il doppio degli altri raccogliendo poco o niente. Guardando alle Paralimpiadi di Milano-Cortina 2026 spero quindi di poter tagliare questo traguardo”.