I segni evidenti delle cose perdute, le ferite nelle case e sulle strade, il volto irriconoscibile di quartieri e paesi. Questo è ciò che resta dopo un evento calamitoso, sia esso un terremoto o un’alluvione. Quanto accaduto in Sardegna non è diverso dalle scene che funestamente hanno riempito e raccontato le pagine di cronaca nel corso degli ultimi decenni. All’eccezionale ondata di pioggia si è accompagnato un altrettanto eccezionale rigurgito di fango, e a valle di cotanto ci sono la morte e la distruzione. Palestre colme di sfollati e campi di calcio occupati dai mezzi di soccorso e protezione civile riflettono la gravità della situazione. Le attività sportive e agonistiche cedono il passo di bisogni immediati, ma gli atleti e dirigenti hanno dato già il meglio, come accaduto in altre drammatiche circostanze, con una spinta di solidarietà non comune. I piccoli centri, duramente colpiti, dovranno rinunciare probabilmente per molto tempo a vedere in campo le squadre locali e i ragazzi dell’oratorio. Ma quando si riprenderà a giocare, allora vorrà dire che ci sarà stato il ritorno a una certa normalità. Quindi tifiamo affinché ciò avvenga quanto prima. Superato il momento emozionale e l’impatto con la catastrofe, occorrerà tenere desta l’attenzione sul futuro di una terra dilaniata. E lo sport, con tutte le sue componenti, deve fare la sua parte, come sempre.