L’attentato alla scuola brindisina intitolata a Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, vittime vent’anni fa del terrorismo mafioso insieme agli uomini della scorta, è il più grave atto perpetrato dalla violenza criminale nella storia d’Italia del 21esimo secolo. Lo è perché colpisce, con efferata e inaudita violenza, il tempio dell’educazione alla vita e al sapere, dove si formano le coscienze dei figli, costretti a interrogarsi sul futuro ma bisognosi di alimentare la speranza e acquisire certezze. Spezzare e dilaniare l’esistenza di innocenti davanti al simbolo dell’età giovanile, qual è la scuola, oltre che gesto di barbarie è atto sacrilego. Per vent’anni, dopo le stragi che hanno cancellato le vite di Falcone e Borsellino, la scuola e lo sport hanno fatto proprio il motto coniato all’indomani della strategia del terrore condotta dalla criminalità organizzata: “non li avete uccisi – è scritto – le loro idee camminano sulle nostre gambe”. Colpiti a freddo davanti alla loro scuola, all’alba di una giornata che già preludeva all’attesa per l’esito degli studi e alle prossime vacanze, i giovani studenti brindisini hanno provato a rialzarsi. Qualcuno ce l’ha fatta, qualcun’altro è rimasto a terra. Il sorriso di Melissa, 16 anni e tutta la vita davanti, è stato spento. Ci saranno ferite che faranno fatica a rimarginarsi e ricordi indelebili. Ma ora la scuola e lo sport, che hanno abbracciato la cultura della legalità, devono intensificare questo impegno. Il 23 maggio, giorno del ventesimo anniversario della strage di Capaci, il mondo dello sport ha scelto di compattarsi e ricordare mettendosi in gioco dietro un pallone da calcio. In questo periodo giochi della gioventù e campionati studenteschi si alternano alle ultime verifiche in classe. C’è bisogno di una risposta unica, secca, compatta. Senza se e senza ma.