Ivan Rota lancia la sfida a Franco Chimenti per la presidenza della Federgolf: “Serve una comunicazione diversa e l’apertura di nuovi campi pubblici”

Il 65enne di Palazzago ha deciso di candidarsi dopo la lunga esperienza raccolta nel mondo del golf.

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Dopo l’arrivo della Ryder Cup a Roma, il golf italiano ha bisogno di una svolta che gli consenta di raggiungere un numero sempre più ampio di praticanti.

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Ne è certo Ivan Rota che, forte di una passione che lo accompagna da oltre mezzo secolo, ha deciso di scendere in campo e candidarsi alla presidenza della Federazione Italiana Golf.

Attualmente consigliere regionale per Forza Italia, il 65enne di Palazzago è pronto a sfidare il presidente uscente Franco Chimenti con un programma frutto di un percorso d’ascolto e puntando su una maggior accessibilità per tutti.

Perché ha deciso di candidarsi alla presidenza della Federgolf?
Mi sono innamorato del golf a tredici anni. Ho iniziato allora a calpestare i green del Golf Club L’Albenza come caddy e da quel momento sono sempre rimasto in questo mondo come giocatore, organizzatore di tornei di golf, ideatore e promotore della struttura “Golf Indoor” di Mozzo, come fondatore di “Golf Impresa”, il consorzio di proprietari di campi da golf, di cui sono stato presidente dal 2003 al 2009. È un mondo dove ci sono sempre stato, è una passione e credo sia arrivato anche il momento di restituire visto che dal golf ho ricevuto tante soddisfazioni. Negli ultimi tre mesi mi hanno chiesto da più parti la disponibilità a candidarmi alla presidenza della Federazione, ci ho pensato bene prima di decidere, perché si tratta di una sfida importante e coraggiosa, visto che il professor Chimenti guida da ventiquattro anni questo ente. Nelle ultime sei elezioni non c’è mai stato nessuno che si sia candidato in alternativa a lui, con tutto il rispetto per Chimenti credo che il golf italiano abbia bisogno di idee nuove e di rinnovato entusiasmo. Da anni questo sport vede calare il numero di giocatori, si percepisce un certo malumore fra tecnici e maestri verso la Federazione, per questo ho deciso di candidarmi.

Non teme la concorrenza del professor Chimenti?
Perché dovrei? È come dire che non ci possa esser un ricambio in alcun ambito della vita. Sono uno sportivo e un agonista ancor prima che un tifoso. Credo che in qualsiasi competizione debba esserci, per chiunque, la possibilità di partecipare e di vincere la gara, se ben preparato. Le elezioni per la presidenza della Federazione sono un momento democratico, dove si mettono a confronto le idee; io esporrò il programma, come intendo realizzarlo e con quale Squadra, illustrerò anche il mio “libro dei sogni” con obiettivi da realizzare dopo che si sono sistemate le questioni più urgenti. Una competizione si può vincere o perdere, ma bisogna aver il coraggio di partecipare. Ritengo che, come accade per i sindaci delle grandi città e i presidenti di regione, anche nelle federazioni sportive dopo due mandati non ci si possa più candidare, per evitare occupazione di potere e confusione tra ruolo istituzionale e posizioni personali. Le federazioni sportive hanno un ruolo importante nella diffusione della propria disciplina, ma è chiaro che dopo tanti si anni si crea un’inerzia nell’attività. Per questo dopo tanti anni un cambiamento sarebbe utile e positivo.

Lei sarebbe favorevole a un limite di mandati anche nelle federazioni sportive?
Sono assolutamente d’accordo e già oggi esiste, visto che era stato introdotto un limite e lo scorso anno, con una legittima pressione dei presidenti, è stato consentito di andare oltre, imponendo il vincolo dei due terzi dei voti per essere eletti. Ritengo comunque che un’alternanza non possa esser altro che positiva. Non è solo il cambio di un presidente, ma anche di una squadra che deve arrivare con energie e proposte nuove. Credo che dopo ventiquattro anni sia legittimo e anche utile cambiare la guida.

Quali sono le proposte inserite nel suo programma?
Ho abbozzato molte idee rispetto al programma che deve essere finalizzato alla comunicazione. Sul golf c’è una percezione elitaria, che lo fa passare come uno sport per ricchi. Chiaramente, come ogni disciplina sportiva, non tutte sono accessibili a tutti. Siamo purtroppo il fanalino di coda a livello internazionale e quindi uno dei punti del programma è migliorare la comunicazione, con messaggi mirati al fine di togliere quel senso di elitarietà che circonda il golf. Altro obiettivo sarà quello di favorire la nascita di campi promozionali per avvicinare le persone a questa disciplina. I nostri bellissimi circoli di golf si trovano lontano dai centri abitati, all’interno di un bosco e comunque non dove la gente vive e lavora. Servono strutture per avviare i neofiti al golf che poi, una volta presa l’abilitazione, avranno modo di giocare nei più bei campi d’Italia e nel mondo. Importante sarà dare attuazione al progetto Ryder Cup nella parte rivolta a donne, giovani e disabili. Sono molto sensibile all’idea di coinvolgere le associazioni disabili perché il golf, a differenza di altri sport dove la competizione avviene fra di loro, è l’unica disciplina che accomuna gli atleti paralimpici ai normodotati visto che si gioca contro il campo e non contro un giocatore. Nonostante non sia nella mission della Federazione, sarà importante aiutare il turismo golfistico in Italia, dobbiamo far conoscere ai milioni di golfisti stranieri la bellezza dei nostri percorsi, unendo il golf alla cultura, all’enogastronomia, all’arte di cui il nostro Paese è ricco. Alle fiere di settore la FIG si dovrà far carico del coordinamento di uno stand dedicato al golf italiano e favorire momenti di incontro alla presenza delle Istituzioni. Il programma è in progress perché ho iniziato un percorso di ascolto dei circoli, dei maestri e dei giocatori di golf e, attraverso le loro istanze, sto costruendo un progetto per il golf italiano che non si basi sulle mie convinzioni, ma sia frutto delle idee di chi in questo mondo ha maturato competenze da vari punti di osservazione. Vedo i maestri di golf, in collaborazione con i Circoli e con il sostegno della FIG, una preziosa risorsa per il futuro del golf italiano.

Quando si parla di nuove strutture intende la realizzazione di campi pubblici?
Assolutamente sì. In Italia abbiamo circa 300 strutture da golf di cui un centinaio sono campi pratica e strutture promozionali dove si accolgono i neofiti. Su 90.000 tesserati, circa 22.000 arrivano da lì e attualmente non hanno voce in capitolo nelle scelte della Federazione visto che non contano nulla come peso elettorale. Quelle strutture vanno potenziate e valorizzate, vanno aiutate nel loro sforzo di avvicinare le persone al golf, quei giocatori una volta imparato lo swing e le regole, riempiranno i vari circoli di vitali green fee, necessari per far quadrare il conto economico. Giocatori pay and play al pari di sciatori, tennisti e altre discipline sportive.

Lei ha sottolineato come il progetto “Ryder Cup 2023” non sia stato completato. Da parte dei circoli non c’è stata la sensazione di voler accentrare tutto a Roma dimenticando gli altri?
Quando nel 2016 è arrivata la proposta di organizzare la Ryder Cup in Italia, ho sostenuto questa scelta perché si tratta del principale evento internazionale nel mondo golfistico. Sono stato positivamente sorpreso nel vedere la politica destinare dei fondi per questa manifestazione, pensavo che una buona parte di quei soldi servisse per smuovere il golf. Invece negli ultimi sette anni quelle risorse sono state mal utilizzate: inesistente e sbagliata comunicazione, sistemazione di un campo privato anziché realizzazione di strutture promozionali nelle città. Io non avrei speso quei soldi per far giocare la Ryder Cup al Marco Simone ma, avendo la Federazione la proprietà del Golf Nazionale, avrei sistemato quel campo, la Foresteria e la Scuola Nazionale di Maestri di Golf. Ormai è soltanto una riflessione visto che bisogna prendere atto di quanto è stato fatto, ma costringerà chi verrà eletto a fare i conti con un bilancio non rassicurante da risanare, attuando al contempo la mission della Federazione incentrata sull’attività sportiva.

C’è qualcosa che possa attirare i giovani verso il golf?
Tutto, va però comunicato in modo diverso, spiegando cos’è veramente il golf. Il messaggio alle famiglie deve raccontare di uno sport salutare che coinvolge tutti i muscoli, che porta in sé valori educativi e rispetto delle regole, che si gioca in mezzo alla natura e favorisce la socializzazione, che è ecologico. Chiaramente non sarà semplice cambiare una percezione basata su stereotipi ed errate convinzioni, ma è l’unico modo per avvicinare i giovani al golf, accompagnato da una serie di attività come andare nelle scuole o organizzare eventi mirati nei circoli.

Qualora venisse eletto, quanto tempo impiegherebbe a far il presidente avendo già l’impegno di consigliere regionale?
Il tempo necessario per assolvere al mio ruolo di Presidente, che dovrà coniugare la presenza negli uffici di Viale Tiziano 74, con la visita ai nostri Circoli presenti al 70% al nord, agli impegni istituzionali. So, come chi ha esperienza organizzativa, che ciò che conta è il fine e il risultato; ho altrettanto chiaro l’importante ruolo dei collaboratori e dei consiglieri federali nella realizzazione del programma nei tempi prefissi. Sono certo che con la collaborazione di tutti il mio compito sarà più agevole e potrà avvalersi dei collegamenti online, diventati ormai una modalità normale e veloce di incontro.

Cosa vorrebbe dire ai lettori?
Che il golf è bello, che il golf è per ogni età, che il golf si può!