Andrea Salvi
Quello di Achille è il tendine più potente del corpo umano e deve il suo nome all’eroe della mitologia greca, tenuto per tale tendine con il pollice e l’indice dalla dea Tetide onde essere introdotto nel calderone dell’immortalità. Il tendine (di Achille), in quanto non immerso, indica una sede di vulnerabilità. Definito “tendine del tricipite della sura” (sura = polpaccio), in quanto sotteso a tre capi muscolari (soleo e gemelli) per poi inserirsi sul calcagno (figura 1), è in grado di sopportare 10 o 12 volte il peso corporeo durante attività sportive di corsa, scatto e salto, essendo la sua funzione la flessione plantare (ovvero verso il basso) del piede, evitandone nel contempo un’eccessiva flessione dorsale (ovvero verso l’alto). Si compone quasi completamente di fibre collagene di tipo 1, fibre spesse che forniscono resistenza al tessuto (figura 2). Quando si lesiona o degenera per età (generalmente sopra i 60 anni), questo tipo di collagene diminuisce e aumenta quello di tipo 3, che cala la forza di tensione per la presenza di fibre più sottili. In particolare, gli esami tissutali a seguito di rottura mostrano in sede la presenza di un’infiammazione cronica. La maggioranza di tali lesioni sono dovute ad attività sportive di pazienti maschi di età compresa tra i 25 e i 30 anni e possono avvenire durante l’allungamento tendineo, calcolato superiore all’ 8% della sua lunghezza, durante il tensionamento del muscolo tricipite della sura, ovvero quando la caviglia, durante uno scatto, passa dalla flessione plantare a quella dorsale, come nel caso del calciatore azzurro Leonardo Spinazzola nella rincorsa del giocatore Hazard. In quel momento si avverte un rumore di “schiocco”, accompagnato da un dolore intenso che gradualmente si riduce nell’arco di alcune ore, esitando con debolezza alla flessione plantare, zoppia e difficoltà a camminare. Obiettivi delle suture tendinee sono il ripristino della stabilità e della corretta tensione e questi sono soggetti ad alcune importanti variabili, tra cui la qualità del tessuto tendineo, la resistenza del nodo e del materiale di sutura, per scongiurare l’allungamento del costrutto riparativo, fonte di fallimento funzionale. La stabilizzazione dei tessuti molli tendinei permette una riabilitazione precoce, con esercizi di recupero dell’articolarità e del carico, prima della guarigione biologica. La riparazione chirurgica deve essere eseguita non oltre i 4 giorni per evitare l’edema dei tessuti molli che diverrebbero più fragili.