(Adnkronos) – I cosiddetti alimenti ultra-processati (Upf), secondo la classificazione 'Nova' che li ha introdotti, sono i prodotti industriali formulati con diversi ingredienti, con l’aggiunta di additivi 'cosmetici' per migliorarne gusto, aspetto, conservazione o texture. Un’ampia galassia di alimenti accomunati da una definizione che, oggi, è usata con un’accezione sempre più negativa. Secondo 'NOVA' – riporta una nota – a partire dal processo produttivo si definisce una categoria di prodotti il cui consumo eccessivo può essere collegato a rischi per la salute, contrapponendo – di fatto – cibi 'buoni' prodotti in casa a quelli industriali. Ma è davvero così? L’Università di Wageningen ha realizzato, con il sostegno di Unione Italiana Food (realtà associativa che riunisce 530 eccellenze dell'industria italiana, che producono oltre 900 marchi), il primo studio che ha confrontato i valori nutrizionali e i composti potenzialmente nocivi degli alimenti trasformati, sia industrialmente sia in casa. Lo studio, dal titolo "Fatto in casa vs prodotto industriale: composizione nutrizionale e contenuto di composti potenzialmente dannosi in diversi prodotti alimentari", è stato pubblicato su Current Research in Food Science. La ricerca – si legge – ha analizzato le caratteristiche nutrizionali e chimico-fisiche di quattro prodotti industriali classificati come ultra-processati (Upf) da Nova e dei loro equivalenti domestici, preparati con ingredienti e procedure tipicamente disponibili in cucina: plumcake, bastoncini di pesce, barrette ai cereali, sugo di pomodoro e basilico. I risultati – riferisce la nota – hanno smentito la visione che vuole contrapposti alimenti fatti in casa (buoni) a quelli industriali (cattivi), come spiega il prof. Vincenzo Fogliano, direttore del Dipartimento Food Quality & Design Università di Wageningen, che ha guidato il gruppo di ricercatori: "Lo studio ha dimostrato che gli alimenti fatti in casa non offrono necessariamente una qualità nutrizionale superiore o livelli inferiori di composti potenzialmente nocivi rispetto ai corrispettivi prodotti industriali. La classificazione della qualità dei prodotti alimentari basata esclusivamente sulla lavorazione o sugli ingredienti industriali non è un indicatore affidabile della loro salubrità. Di fronte a queste evidenze, diventa sempre più chiaro come il termine 'ultra-processati' sia fuorviante e che tutti i sistemi di classificazione basati sul livello di processazione degli alimenti siano sbagliati, perché non tengono in considerazione gli aspetti realmente fondamentali per seguire una dieta corretta e bilanciata". Lo studio dell’Università di Wageningen – dettaglia la nota – oltre alla composizione nutrizionale, ha quantificato anche alcuni prodotti potenzialmente dannosi per la salute umana che si formano durante i processi di cottura: prodotti tipici della Reazione di Maillard (che avviene quando si forma ad esempio la crosta del pane, della pizza, che colora i biscotti), quali ad esempio l’acrilammide. "L'analisi – prosegue Fogliano – ha rivelato composizioni nutrizionali identiche tra alimenti trasformati industrialmente e prodotti fatti in casa. I prodotti contenenti acrilammide e prodotti della reazione di Maillard, considerati potenzialmente nocivi, hanno mostrato livelli comparabili in tutte le coppie di alimenti, sebbene le versioni casalinghe abbiano mostrato livelli leggermente più elevati in alcuni casi. L'acrilammide non era rilevabile nel plumcake industriale e nelle barrette di cereali casalinghe, mentre i bastoncini di pesce casalinghi presentavano un contenuto di acrilammide più elevato rispetto alla versione industriale". Cottura, macinazione, essiccamento, fermentazione sono da sempre alcune delle tecniche usate per migliorare gli apporti nutritivi, la conservazione e il gusto di cibi e bevande – riferisce la nota – E la cucina, così come tutti la conosciamo (anche quella della tradizione culinaria italiana), implica dei processi di trasformazione di ingredienti in prodotti finiti. Guardiamo al buon processo produttivo. “L’industria – spiega Fogliano – realizza un portafoglio di prodotti con diversa qualità nutrizionale, cercando di andare incontro alle varie necessità che il consumatore può avere. Ai singoli il compito di leggere e interpretare bene l’etichetta per scegliere prodotti con le caratteristiche più vicine alle proprie esigenze". "Non ci sono studi sperimentali che dimostrano la relazione causa-effetto tra consumo di cibi ultra-processati e rischi per la salute – conclude Fogliano – Di fronte agli scarsi confronti empirici fatti tra alimenti industriali e fatti in casa, lo studio di Wageningen dimostra per la prima volta che dal punto di vista nutrizionale gli alimenti fatti in casa non sono né migliori né più sicuri di quelli industriali". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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