(Adnkronos) – "Ricevere oggi una diagnosi di tumore al seno metastatico resta un momento molto difficile. È importante esserne consapevoli, anche se negli ultimi anni molte cose sono cambiate. Le prime reazioni sono spesso paura e grande incertezza: nessuno si aspetta una notizia del genere. Subito dopo, per molte donne che riescono a reagire, arriva la necessità di riorganizzare la propria vita, perché questa malattia richiede tempo, energie e un percorso di cura complesso. Oggi esistono però molte opportunità per migliorare la presa in carico delle pazienti. Come Europa Donna ci occupiamo di tumore al seno metastatico da molti anni e vediamo sia le difficoltà sia le richieste sempre più forti di superare le barriere ancora presenti". Così all'Adnkronos Salute Rosanna D'Antona, presidente di Europa Donna Italia, che partecipa attivamente all'iniziativa EcHo-M. "Una delle nostre priorità – spiega D'Antona – riguarda le Breast Unit, i centri specializzati nella cura del tumore al seno. Chiediamo che abbiano percorsi dedicati e tempi di attesa ridotti per le pazienti con tumore metastatico, perché un’attesa di uno, due o tre mesi può rappresentare un problema serio. Servono quindi percorsi prioritari, accesso a farmaci innovativi e un’organizzazione interna realmente centrata sulla paziente. Un punto cruciale è quanto indicato dal regolamento Eusoma (European Society of Breast Cancer Specialists) del 2020, che definisce i criteri per la certificazione delle Breast Unit. Tra questi, l’obbligo per l’ospedale di trattare ogni anno almeno 59 casi di tumore al seno metastatico. Questo significa che, quando il team multidisciplinare discute il caso di una paziente, deve includere anche uno specialista dell’organo colpito dalla metastasi. Una scelta fondamentale per garantire una presa in carico completa e competente". Per quanto riguarda la ricerca clinica, "la prima cosa che una paziente deve sapere è quali studi sono attivi, dove si svolgono e che tipo di impegno richiedono. Una nostra indagine – ricorda D'Antona – ha mostrato che la comunicazione tra medico e paziente non è sempre ottimale — non per mancanza di volontà, ma spesso per mancanza di tempo. Per questo ricordiamo continuamente ai medici quanto sia importante non solo la quantità, ma la qualità del tempo dedicato alle spiegazioni. Quando una paziente conosce bene il suo percorso, comprese le opportunità di partecipare a un trial clinico, partecipa in modo più consapevole e sereno. Condividere i risultati della ricerca con chi vi ha preso parte è un altro elemento essenziale". Il nostro Sistema sanitario "è complessivamente di ottimo livello, ma non è uniforme: in realtà è composto da 21 sistemi regionali diversi. Le differenze riguardano l’organizzazione, i fondi disponibili e la distribuzione delle Breast Unit. Per questo il tema della regionalizzazione è così rilevante. Noi cerchiamo di ridurre queste disparità attraverso un’informazione capillare, grazie alla nostra rete di circa 200 associazioni sul territorio. Alcune operano direttamente dentro le Breast Unit e rappresentano un ponte prezioso tra le pazienti, le strutture ospedaliere e le opportunità di cura offerte da ciascuna regione" conclude.
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