Dazi, Trump lancia crociata contro film stranieri ma Hollywood non festeggia

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(Adnkronos) – Nuova guerra commerciale di Trump. Stavolta nel mirino dei dazi finiscono le produzioni audiovisive 'straniere'. "L'industria cinematografica americana sta morendo molto velocemente" secondo il presidente americano, mentre "altri Paesi stanno offrendo ogni sorta di incentivi per attirare i nostri registi e gli studi cinematografici lontano dagli Stati Uniti. Hollywood e molte altre aree degli Stati Uniti sono devastate. Questo è uno sforzo concertato da parte di altre nazioni e, quindi, una minaccia per la sicurezza nazionale". Alla luce di questa nuova 'emergenza' il presidente americano ha autorizzato "il Dipartimento del Commercio e il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti ad avviare immediatamente il processo per l'istituzione di una tariffa del 100% su tutti i film in arrivo nel nostro Paese, prodotti in Paesi stranieri. Vogliamo di nuovo film realizzati in America!". "Ci stiamo lavorando" ha scritto il segretario al Commercio Howard Lutnick a commento del post originale su X.   Eppure – anche in questo caso – sono proprio i presunti 'beneficiari' delle tariffe, Hollywood e gli Studios, a non festeggiare. La scelta di portare avanti all'estero le produzioni audiovisive, infatti, spesso risponde alla necessità di godere di incentivi, offerti dalle amministrazioni locali (molte le scena 'americane' in realtà girate in Canada) e di costi del lavoro più bassi. Come ricorda il New York Times Gran Bretagna, Ungheria, Australia, Nuova Zelanda, Canada e altri Paesi offrono incentivi fiscali di cui hanno usufruito Disney, Warner Bros., Universal Pictures e altre importanti società cinematografiche, tra cui Netflix e Amazon. Hollywood – che continua a chiedere simili incentivi – in effetti ha registrato un calo della produzione negli ultimi anni. Secondo FilmLA, un'organizzazione no-profit che monitora la produzione della regione, la produzione cinematografica e televisiva a Los Angeles è diminuita di quasi il 40% negli ultimi dieci anni. Secondo l'International Alliance of Theatrical Stage Employees, negli ultimi tre anni sono stati eliminati circa 18.000 posti di lavoro a tempo pieno, principalmente in California.   Tuttavia – a differenza delle merci 'fisiche', sulle quali gli Usa registrano un costante e pesante deficit con l'estero – i film stranieri sono proprietà intellettuale e fanno parte del commercio globale di servizi, di cui gli Stati Uniti sono in realtà esportatori netti. Alla stampa Trump ha detto di aver svolto "ricerche molto approfondite" la scorsa settimana e che "Hollywood sta venendo distrutta" e se i produttori "non sono disposti a girare un film negli Stati Uniti, allora dovremmo imporre dazi sui film che arrivano" dall'estero. Il rischio naturalmente è che – come per le merci – gli altri Paesi rispondano imponendo tariffe simili sulle produzioni Usa.  Già oggi in Cina, i film stranieri – definiti come pellicole non prodotte da società di produzione con licenza nazionale, con una quota massima del 49% di partecipazione straniera – sono soggetti a una rigida censura e a quote, che richiedono il passaggio attraverso distributori statali. Non solo: in risposta ai recenti dazi imposti da Trump sui prodotti del Paese, il governo cinese ha annunciato che avrebbe "ridotto moderatamente" la quota di film statunitensi ammessi nel suo vasto ma rigidamente controllato mercato. —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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