(Adnkronos) –
L'addio ai chili di troppo che si riesce ad ottenere con i nuovi e popolari farmaci anti diabete dimagranti è duraturo? Segnali positivi arrivano dal più lungo studio internazionale condotto per valutare gli effetti di una di queste molecole di ultima generazione, tirzepatide. Gli autori – ricercatori italiani – hanno rilevato che il trattamento 1 volta a settimana con tirzepatide può produrre una perdita di peso clinicamente significativa per almeno 3 anni negli adulti con sovrappeso o obesità che non soffrono di diabete. E chi sembra avere più probabilità di ottenere una maggiore perdita di peso e di raggiungere un 'plateau' sono le donne e le persone senza complicanze legate all'obesità. La nuova ricerca viene presentata al Congresso europeo sull'obesità (Eco) che si tiene a Malaga, in Spagna, dall'11 al 14 maggio. A condurla sono stati Luca Busetto dell'università di Padova e ricercatori dell'azienda produttrice Eli Lilly. Si tratta della continuazione dello studio di fase 3 Surmount-1 su tirzepatide, farmaco approvato sia in Ue che negli Usa per il trattamento di obesità e diabete di tipo 2. La nuova analisi si concentra su 700 adulti (64% donne, età media 48 anni) randomizzati a ricevere tirzepatide (in dose 5, 10 o 15 mg), aderenti al trattamento (almeno 75% delle dosi ricevute), tutti inizialmente obesi o sovrappeso e prediabetici. E non è la sola presentata a Malaga. Sempre sullo stesso trial Surmount-1, un lavoro firmato da Louis Aronne, Comprehensive Weight Control Center, Divisione Endocrinologia, Diabete, e Metabolismo, Weill Cornell Medicine, New York, sempre con co-autori di Eli Lilly, aggiunge un altro pezzo: è un'analisi post-hoc (realizzata a posteriori, dopo la conclusione della raccolta dati e non contemplata nel protocollo di ricerca) che ha incluso 690 partecipanti aderenti a tirzepatide (65% donne, età media 49 anni, peso medio 107 kg), ed evidenzia che circa 2 terzi dei partecipanti a Surmount-1 avevano recuperato solo il 5% o meno del loro cosiddetto 'nadir' (peso minimo) a distanza di 3 anni dall'inizio del trattamento con tirzepatide.
Questo farmaco agisce imitando gli ormoni Glp-1 e Gip, secreti naturalmente dall'intestino dopo un pasto, stimolando la produzione di insulina. Riduce inoltre l'appetito, rallentando il tempo di svuotamento gastrico e interagendo con le aree cerebrali che ospitano i recettori del Glp-1 per segnalare sazietà o pienezza. "La nostra analisi a lungo termine sulla tirzepatide – spiega Busetto parlando del suo lavoro – dimostra che una perdita di peso clinicamente rilevante può essere mantenuta fino a 3 anni in una popolazione eterogenea di adulti con sovrappeso o obesità, ma non diabetici, indipendentemente da età, indice di massa corporea (Bmi) e durata dell'obesità all'inizio dello studio. Tuttavia, non tutti rispondono ai farmaci allo stesso livello e abbiamo identificato una maggiore probabilità di successo nella perdita di peso in un gruppo con una percentuale maggiore di donne e senza patologie correlate all'obesità". Nel lavoro di Busetto e colleghi, i ricercatori hanno esaminato la variazione percentuale media del peso corporeo dalla randomizzazione fino alla settimana 176 (3 anni), nonché il tempo impiegato per raggiungere una riduzione di peso del 20%, per classificare i partecipanti in 3 gruppi con 3 distinti modelli di traiettorie della perdita di peso: pazienti (248) che hanno sperimentato una riduzione di peso relativamente costante, perdendo in media il 10% circa del loro peso e raggiungendo un plateau precoce; pazienti (226) che hanno avuto riduzioni precoci più rapide e hanno perso circa il 20% del loro peso con un plateau successivo; infine, pazienti (226) che hanno avuto la perdita di peso più rapida e un tempo più lungo per raggiungere il plateau, arrivando a perdere fino a circa il 31% del loro peso corporeo. Il gruppo 3, evidenzia Busetto, era quello "con la più alta percentuale di donne e soggetti senza condizioni mediche legate all'obesità". Inoltre la quota di chi aveva raggiunto un plateau entro la fine dello studio, quindi dopo 3 anni, variava dall'87,6% del gruppo 2 all'87,1% del gruppo 1 e all'81,4% del gruppo 3 (tra l'altro la maggior parte dei partecipanti di questo gruppo ha raggiunto un plateau di peso molto più tardi, tra la settimana 36 e la 48). "Tutti raggiungono un plateau di perdita di peso a un certo punto", chiarisce Busetto. "Glp-1 e Gip sono solo 2 degli 8 ormoni che controllano la fame e il peso, e alla fine gli altri ormoni segnalano ai meccanismi protettivi dell'organismo di apportare modifiche per prevenire un'ulteriore perdita di peso". Nonostante le 3 diverse traiettorie identificate, assicura l'esperto, "la maggior parte dei partecipanti ha mantenuto una perdita di peso clinicamente significativa per 3 anni, indipendentemente da età, durata dell'obesità e Bmi. Anche una modesta perdita di peso può portare a importanti benefici per la salute. Perdere almeno il 5% del peso corporeo riduce il rischio di sviluppare diabete e migliora significativamente la pressione sanguigna e il colesterolo. Perdere il 15% del peso corporeo è il punto ideale in cui le persone tendono a ottenere i maggiori benefici per la salute. I risultati potrebbero fornire informazioni più approfondite sull'efficacia della tirzepatide in base a diverse fasce demografiche e anamnesi, consentendo potenzialmente piani di trattamento e obiettivi più personalizzati". Lo studio non ha evidenziato nuovi problemi di sicurezza; gli effetti collaterali più comuni sono stati nausea, diarrea e stitichezza. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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