(Adnkronos) – "Finalmente abbiamo un dato di sopravvivenza estremamente interessante in pazienti" con tumore del polmone non a piccole cellule (Nsclc) e mutazioni di Egfr. "Fino a oggi la sopravvivenza mediana era di circa 3 anni. Oggi abbiamo un'informazione che ci conforta, mostrando un incremento di circa 1 anno" con la combinazione chemioterapia più osimertinib. "Ciò è tanto più rilevante perché questo beneficio riguarda anche una popolazione particolarmente fragile: nella malattia Egfr-mutata, molto frequentemente i pazienti presentano metastasi cerebrali già all'esordio". Così Chiara Bennati, medico specializzato in oncologia medica, Ausl Romagna di Ravenna, commenta gli ultimi risultati dello studio Flaura 2, "una delle novità più importanti nel mondo oncologico presentate quest'anno" al recente Congresso mondiale del cancro del polmone. "In questo studio – spiega Bennati – erano arruolati pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (Nsclc) con mutazioni di Egfr. I pazienti venivano randomizzati a ricevere chemioterapia più osimertinib rispetto al trattamento standard con il solo osimertinib, una compressa al giorno. Endpoint primario era la progressione libera da malattia. I dati positivi presentati nel 2023 dimostravano la superiorità della combinazione chemioterapia più osimertinib rispetto al solo osimertinib in termini di progressione libera da malattia, con un vantaggio di circa 9 mesi e una mediana" di sopravvivenza libera di progressione di malattia (Pfs) "di 25,5 mesi rispetto ai 16 mesi con osimertinib in monoterapia. Ma i dati di quest'anno sulla sopravvivenza globale, con un follow-up mediano di 51 mesi, mostrano una sopravvivenza mediana con chemioterapia più osimertinib di 47,5 mesi rispetto ai 36,7 mesi con osimertinib da solo, quindi una sopravvivenza mediana di circa 4 anni". Questo significa che "abbiamo finalmente la possibilità di disporre di diverse scelte nel trattamento della malattia Egfr-mutata in prima linea – sottolinea l'oncologa – Possiamo continuare a somministrare osimertinib da solo nei pazienti più fragili, ma disponiamo anche di due novità importanti rappresentate da due combinazioni. La prima è proprio quella di chemioterapia più osimertinib, secondo i dati dello studio Flaura 2, mentre l'altra è la combinazione amivantamab più lazertinib, secondo lo studio Mariposa. Entrambe le combinazioni hanno dimostrato un vantaggio significativo, statisticamente e clinicamente rilevante, rispetto alla monoterapia con osimertinib sia in termini di progressione libera da malattia sia di sopravvivenza globale, anche nei pazienti con caratteristiche prognostiche sfavorevoli, come quelli con metastasi cerebrali o con mutazioni puntiformi dell'esone 21". Certo, "le terapie di combinazione sono certamente associate a un maggior numero di effetti collaterali rispetto alla monoterapia – evidenzia Bennati – Tuttavia, per quanto riguarda lo studio Flaura 2, si tratta di eventi avversi ben conosciuti e legati prevalentemente alla chemioterapia, concentrati soprattutto nei primi 3 mesi di trattamento con platino. A un follow-up più lungo – conclude – la qualità di vita dei pazienti migliora rispetto a chi riceve il solo osimertinib, come evidenziato dai patient-reported outcomes, sia sul piano fisico che cognitivo ed emozionale".
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