(Adnkronos) – Preferirebbero soffrire davanti a uno schermo o dannarsi sugli spalti vedendo la loro squadra del cuore perdere la partita decisiva del campionato, oppure restare imbottigliati per ore nel traffico. Tutto, piuttosto che parlare della salute della loro prostata. A fotografare il paradosso maschile è un sondaggio condotto negli Usa dalla rete di ospedali Orlando Health, i cui risultati sono stati resi noti proprio nel mese – novembre – dedicato alla sensibilizzazione sulla salute e sui tumori maschili, con la campagna 'Movember' (nome che è appunto la fusione di november e moustache, parola francese per baffi). Le risposte date dagli uomini coinvolti nella survey rendono l'idea del livello di rifiuto che c'è quando si tratta di affrontare il problema. Una riluttanza diffusa che si paga a caro prezzo: con ritardi nella diagnosi e nel trattamento di problemi quali l'ingrossamento della prostata. Il sondaggio è stato condotto online negli Stati Uniti dal 5 al 7 settembre 2025 e dal 12 al 14 settembre 2025, intervistando 1.010 uomini statunitensi di età pari o superiore a 18 anni. Dai risultati emerge che oltre un terzo, il 38%, preferisce assistere alla sconfitta della sua squadra di calcio in un match importante o restare bloccato nel traffico piuttosto che fare 'outing' su eventuali problemi di prostata.
Sintomi come frequenza, urgenza o difficoltà a urinare possono essere le spie da tenere in considerazione, soprattutto se ci si sveglia più di 2 volte a notte. Ma sebbene questi sintomi possano avere un impatto significativo sulla qualità della vita di un uomo, molti sono restii a parlarne con il proprio medico. "La prostata è una ghiandola che circonda l'uretra e, con l'avanzare dell'età, tende a ingrossarsi – spiega Jay Amin, urologo di Orlando Health – Può essere dovuto a fattori genetici o al modo in cui la prostata cresce in relazione a determinati ormoni presenti nell'organismo". Il problema è molto più frequente di quanto si pensi: "L'ingrossamento della prostata – chiarisce Amin – colpisce circa il 60% degli uomini entro i 60 anni, con una percentuale che sale fino all'80% entro gli 80 anni. Molti provano diversi farmaci o terapie mini-invasive per alleviare i sintomi urinari, ma il sollievo è di breve durata". In realtà, puntualizza lo specialista, oggi esistono procedure mininvasive (senza tagli esterni e con dolore minimo) di efficacia elevata "che raramente devono essere ripetute; solo circa l'1% dei pazienti necessita di un altro trattamento, anche dopo 20 anni". E la maggior parte dei pazienti può riprendere un'attività leggera già entro 1 settimana e tornare alla normale attività fisica entro 3. Per rompere il muro di diffidenza maschile gli esperti puntano anche sulle testimonianze di chi ci è già passato. Come il runner di maratone Chris Golden, 50 anni. L'uomo si racconta in un video. Spiega di aver visto la sua salute urinaria peggiorare fino al punto da frapporsi fra lui e i suoi hobby, irrompendo nella sua quotidianità, creandogli problemi sul lavoro, tormentando il suo sonno ogni notte. A poco è servito ridurre il consumo, per esempio, di bibite gassate per paura che provocassero irritazione della vescica. "Dovevo preoccuparmi costantemente di dove fosse il bagno, perché se avevo bisogno di andarci, dovevo farlo subito – spiega Golden – Poi, una volta in bagno, gli uomini intorno a me finivano in pochi secondi, io aspettavo 2 minuti". Una visita con Amin e gli esami confermano un ingrossamento della prostata. Chris decide di sottoporsi a una procedura per l'ipertrofia prostatica benigna che si chiama Holep (Holmium Laser Enucleation of Prostate) e si basa sull'uso del laser a Olmio. Dopo una notte di ricovero in ospedale e alcune settimane di recupero, Chris ha ripreso con successo le sue normali attività senza più urgenza e stop continui alla toilette. "Sono davvero felice di averlo fatto. Il mio flusso è ora come quando avevo vent'anni – confida Golden – Gli uomini dovrebbero riferire i loro sintomi al medico. Chi vorrebbe stare sempre in bagno?".
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