Il mondo del calcio è finito travolto e stravolto dalle ammissioni rese da Cristiano Doni, ex capitano e bandiera dell’Atalanta, tratto in arresto per fatti a lui contestati nell’ambito dell’inchiesta sul calcio scommesse e per i quali si era dichiarato innocente. Un appello che aveva indotto i bergamaschi a credergli e di conseguenza a sostenerlo nella battaglia per la giustizia. Battaglia che ha coinvolto la società nerazzurra, penalizzata per effetto della responsabilità oggettiva ma pronta a supportarlo negli allenamenti e a tenergli aperte le porte del centro sportivo di Zingonia; i compagni di squadra, emuli del gesto della mano sotto il mento a significare la volontà di andare avanti a testa alta; ma soprattutto i sostenitori, che per alcuna ragione avrebbero scisso la credibilità nel giocatore dalla fede nella maglia, salvo poi essere costretti a farlo. Incredulità e sconcerto per una persona che al calcio tanto ha dato ma pure tanto ricevuto. Tra i tanti messaggi giunti in redazione, colpisce quello di un papà che aveva deciso di regalare per la festività Santa Lucia al proprio bambino proprio la maglia n.27 di Cristiano Doni. Un adolescente la cui cameretta è tappezzata di poster e di un autografo. Come farà quel padre a spiegare l’accaduto al figlio? La menzogna è colpa grave perché macchia la propria immagine e tradisce la fiducia. Ci saranno risvolti, inevitabili, e a pagare ancora una volta sarà la platea degli sportivi che si stringono intorno alla maglia e ai colori della società. In questo amaro capitolo del calcioscommesse ci sono personaggi in attività già chiamati in causa nella tornata estiva dell’inchiesta giudiziaria e altri finiti in carcere alla vigilia di Natale, le cui dichiarazioni potrebbero provocare nuove, devastanti conseguenze. La giustizia sportiva pare decisa a non fare sconti. Si tratta di capire quanto sia giusto, in assenza del coinvolgimento delle società, continuare a far pagare il prezzo della responsabilità oggettiva a squadre che, a loro insaputa, potrebbero essersi viste penalizzate dal comportamento illecito dei propri tesserati.
Panettone amaro, duro da digerire, anche nei giorni che seguiranno le festività natalizie. Esemplare il gesto di Cesare Prandelli, da sempre signore del calcio e interprete dei valori inossidabili dell’etica sportiva, il quale ha voluto invitare l’eugubino Simone Farina nel ritiro della nazionale azzurra a Coverciano. Farina è più che un eroe, è persona onesta come la maggior parte di quelli che faticano sul rettangolo di gioco. Oltre ad aver rifiutato l’offerta illecita, ha avuto il coraggio di denunciarla. Si riparta da qui.