Si può realizzare una “città dei balocchi” nel bel mezzo della Lombardia senza che nessuno se ne accorga?
Assolutamente no, se non fosse che il luogo in questione è Consonno, noto anche come la “Las Vegas della Brianza”.
Distante soltanto mezz’ora di auto da Bergamo e Milano, il piccolo borgo lecchese è salito al centro delle cronache sia per il fascino “macabro” che porta con sé che per le opportunità che offre agli appassionati di trekking i quali possono accomunare una gita fuori porta nella natura insieme a una storia senza precedenti.
Collocato sulle colline sovrastanti Olginate dalle quali è possibile osservare la sponda occidentale del Lago di Como, Consonno è in realtà un paesino molto antico, risalente addirittura al XI secolo come testimoniato da alcune pergamene appartenenti al monastero benedettino di Civate.
A testimoniare un affascinante passato vi sono ancora oggi la chiesa di San Maurizio, risalente al XIII secolo, l’adiacente canonica sulla cui facciata è ancora visibile il simbolo di una famiglia nobiliare, e il minuscolo cimitero.
Con il passare dei secoli il comune si è svuotato passando sotto il territorio di Olginate sino a rimanere quasi disabitato al termine della Seconda Guerra Mondiale e finendo così nelle mire dell’eclettico imprenditore milanese Mario Bagno.
Fiutando l’affare, l’uomo d’affari meneghino decise di chiedere al consiglio comunale di Olginate di ristrutturare la strada che portava fin lì e, una volta ricevuta l’autorizzazione nel 1961, propose ai cittadini rimasti di trasformarlo in un centro agrituristico dove vendere i propri prodotti.
Bagno non mantenne in realtà le promesse e, una volta riattivati i collegamenti, comprò i territori circostanti e demolì gran parte dell’antico borgo con tanto di distruzione della collina circostante pur di vedere il Resegone.
In pochi anni a Consonno sorsero dei ristoranti, una balera, un albergo di lusso (l’Hotel Plaza), diverse costruzioni con richiami alle più variegate culture, un castello medievale come porta di ingresso e il celeberrimo “minareto”, una lunga galleria commerciale visibile dai territori circostanti e sovrastata da una torre che richiama le moschee del Medio Oriente.
Bagno non si fermò lì costruendo nuove attrattive come un campo di calcio, uno di pallacanestro, uno di tennis, uno di bocce, uno di golf, una pista per il pattinaggio, una vasca per il tiro a volo, un luna park e un giardino zoologico, richiamando pubblico e star da tutta Italia.
A ricordare Las Vegas venne aggiunto un cannone d’artiglieria, per ricordare ai turisti che giungevano lì che sarebbero stati i protagonisti di una “lotta contro il tempo” e un trenino panoramico per non perdersi nemmeno un’occasione.
Il progetto iniziò a naufragare nel 1967 quando una frana colpì la zona isolandola e costringendo Bagno a sistemare la strada di collegamento in fretta e furia, senza però riuscire a contenere un contraccolpo sul turismo che pian piano iniziò a spegnersi.
A posizionare una pietra tombale sull’idea dell’imprenditore milanese ci pensò un’ulteriore frana avvenuta nove anni dopo e a nulla servì l’idea di realizzare una casa di riposo all’interno dell’Hotel Plaza.
Il sogno era svanito e tutt’oggi si può notare lasciando l’auto poco distante la sbarra che blocca il passaggio lungo via Belvedere e dove ha inizio un trekking facile, ma al tempo stesso molto curioso.
Camminando sull’asfalto per una ventina di minuti si arriva nel bel mezzo della “città fantasma” dove non rimangono altro che macerie e ricordi di un’epoca svanita in un amen.
Il rave party organizzato nel 2007 ha distrutto quanto rimaneva imbrattando di graffiti gli edifici e trasformandoli per certi versi in una sorta di opera “contemporanea” da interpretare con un pizzico di fantasia.
Una volta attraversato il borgo si può proseguire per un’altra mezz’ora sino al valico che separa i paesi di Olginate e Villa Vergano prima di scendere per un centinaio di metri dove, in vista di una curva a sinistra, si incontra il vero sentiero nel bel mezzo di un bosco di castagni.ù
Un tracciato agevole, che presenta una pendenza costante accompagnato da una serie di tratti pianeggianti prima di “arrampicarsi” sin sulla cima di Monte Regina (817 metri sul livello del mare) in circa un’ora di cammino.
Seguendo un sali e scendi di circa una ventina di minuti si arriva in cima a Monte di San Genesio (832 metri), una delle tre vette che compongono il Colle di Brianza dove è possibile usufruire del rifugio omonimo gestito dagli Alpini e osservare l’eremo benedettino di San Genesio.
Il tutto riposandosi su un prato fiorito da cui osservare la Brianza, il Resegone, le Grigne e i laghi di Annone e Pusiano dopo aver completato un percorso di otto chilometri e 460 metri di dislivello positivo superabili in circa due ore e mezza.