Letizia Milesi è un simbolo di grande resilienza, ma anche di rinascita grazie al mondo dello sport, in particolare al nuoto paralimpico.
La 25enne di Roncobello ha dovuto fare i conti con un brutto incidente salendo su un un pullman di ritorno da scuola, tuttavia la portacolori della PHB Polisportiva Bergamasca ha ritrovato sé stessa grazie all’acqua.
La giovane orobica si è subito messa in luce alla prima partecipazione ai Mondiali ottenendo un quarto posto nei 100 metri stile libero S8 e un quinto nei 50, ma al tempo stesso puntando già alle Paralimpiadi Estive di Los Angeles 2028.
Com’è stata la sua prima esperienza ai Mondiali di nuoto paralimpico?
E’ stata un’emozione pura, nel senso che essendo la prima volta, sono rimasta affascinata da tutto ciò che ho visto, che ho vissuto, che ho sentito. Mi sono trovata dall’altra parte del mondo con una Nazionale campione del mondo nelle ultime tre edizioni e per questo avevo una responsabilità da portare avanti insieme ai miei colleghi sino a Singapore. Ovviamente i miei colleghi sono stati fantastici, abbiamo di nuovo vinto il Mondiale come Italia ed è stata un’emozione unica visto che nel senso che questo è quello che ho sempre sognato ed è un premio per il lavoro svolto in questi anni.
Si sarebbe aspettata di andare in finale in entrambe le gare a cui ha preso parte?
Era il mio obiettivo perché, da quando ho saputo della convocazione, puntavo a centrare l’accesso in finale e dare il massimo. Sicuramente non mi aspettavo di fare queste prestazioni e ottenere questi piazzamenti. Nel ranking mondiale ero fra l’ottava e la decima posizione, invece sono arrivata rispettivamente quarta e quinta, andando oltre ogni speranza. C’è l’amaro per il quarto posto, ma proviamo a usarlo come punto di partenza per andare oltre
Come si è sentita ad avere al proprio fianco un’atleta d’esperienza come Xenia Francesca Palazzo?
Con Xenia ho un bellissimo rapporto. Quest’estate ci siamo anche allenate insieme qualche volta e lei è un esempio da seguire per me. Quando l’ho accanto in vasca, che sia per una gara o un allenamento, mi può insegnare moltissimo. Aver quindi al mio fianco in una finale mondiale atlete come lei, Alice Tai o Jessica Long è stato un privilegio che mi fa venire i brividi soltanto a pensarci.
Quanto il nuoto le ha cambiato la vita?
Mi ha cambiato sicuramente al 100%, nel senso che, se dopo l’incidente ho vissuto in un limbo in cui lavorare sul mio nuovo corpo e sulla mia nuova vita, il nuoto è stato un vero lampo nel buio. Mi è stato inizialmente consigliato per la schiena, solo che la mia mente agonistica non accettava di fare solo tre vasche, uscire dall’acqua e basta. Pian piano ho così scoperto il mondo paralimpico, sono entrata nella PHB e me ne sono innamorata. Mi sono trovata benissimo con tecnici e squadra e lì ho capito che sarebbe stata la mia vita. E’ stato come riscoprirmi e il nuoto mi ha salvato letteralmente da tutto quello che mi stava capitando.
Ci racconta le tappe che l’hanno riportata a camminare dopo l’incidente del 2017?
E’ stato difficile, soprattutto all’inizio dove tutto era un’incognita. Non si riusciva a trovare la causa, abbiamo brancolato nel buio per diverso tempo fino a quando è arrivata la possibilità di svolgere questo intervento in America. Da lì è nata l’associazione “Sulle ali di un sogno”, la raccolta fondi, la partenza per gli Stati Uniti e così via. I primi due anni sono stati veramente complicati e devo dire grazie alla mia famiglia e ai miei amici per essermi stati vicini, altrimenti non so come sarebbe andata. Dopo l’intervento è riemersa un po’ di luce, quindi la fisioterapia pesante per tornare a camminare. Facevo terapia tutti i giorni, mattina e pomeriggio, con esercizi di neurostimolazione funzionale, per cercare di riscrivere un po’ i movimenti nel mio midollo. Da lì sono riuscita a tornare a camminare, ma alcuni deficit sono rimasti. Nonostante ciò ho recuperato dopo l’intervento e pian piano ho ripreso in mano la mia vita, per elaborare quanto era successo visto che non c’era di fatto mai una fine. Mi sono presa due annetti per gestire le emozioni prima di sedermi, capire dove ero arrivata, cosa avevo fatto e cosa mi aspettava. Capire che comunque oltre la mia disabilità c’era un mondo e non potevo fermarmi al passato. Dovevo riscrivere una nuova vita con quello che avevo acquisito, che avevo perso, con tutte le carte che avevo in tavola. Magari ne avevo di meno, magari di più rispetto al passato, però mi piace pensare che il mazzo sia cambiato completamente e che quindi mi sono ritrovata davvero la possibilità di rituffarmi nello sport. E’ sempre stata la mia vita e ho fatto tutti gli sport possibili e immaginabili. Prima dell’incidente facevo danza, che era l’amore della mia vita, e ballavo circa cinque/sei ore al giorno, quindi non ero mai ferma. Trovarsi bloccata di punto in bianco per due anni è stato veramente difficile, così quando ho trovato l’acqua, il mio corpo era finalmente libero, non era più goffo, impacciato, con i tutori. Ero solo io, il mio corpo, come se tornassi a ballare, quindi da lì mi sono innamorata del nuoto e non credo che mi disainnamorerò presto.
Ci parla dell’ultimo intervento a cui si è sottoposta a San Donà di Piave?
Purtroppo la mia patologia ha un effetto sulla schiena che è peggiorata drasticamente nell’ultimo periodo e questo mi impediva di nuotare e far qualcosa nella vita quotidiana. Ho incontrato il neurochirurgo Federico Pecoraro che ha deciso di intervenire in modo da poter rimettermi in piedi e in acqua il più presto possibile. Fortunatamente è andato tutto bene nel senso che la mia schiena si è stabilizzata, anche se è destinata a peggiorare, speriamo il più tardi possibile. Intanto è sono sotto controllo dal punto di vista fisico.
E’ stato difficile tornare in acqua?
E’ stato più difficile stare fuori due mesi dopo l’intervento che, fortunatamente, è stato perfetto e non ha avuto complicazioni, andando tutto secondo i piani.
Quali sono i prossimi passi verso Los Angeles 2028?
Il grande obiettivo sono i Giochi, anche se fra meno di un mese la stagione riparte. Ci saranno le gare provinciali, regionali e nazionali prima di puntare alle World Series. Da qui si proverà ad arrivare all’Europeo e puntare a fare quanto ho compiuto a Singapore. Poi non so, vorrei godermela, lavorare sodo, impegnarmi. So che ho ancora tanto margine di miglioramento e non vedo l’ora di raggiungere quel livello. Lavorare non mi ha spaventato, faticare nemmeno, quindi diamoci dentro e iniziamo questa stagione.
 
            
 
	












