Cadè, un signore del calcio

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cadeGChi ama il calcio e non ha mai sentito parlare di Giancarlo Cadè, allora deve aprire l’album del passato e piazzare una figurina o un tassello nel riquadro lasciato vuoto. Un allenatore e un uomo d’altri tempi, un signore che ha onorato il gioco del pallone, la cui carriera in panchina è rimasta legata a quel che accadde allo stadio Bentegodi il 20 maggio 1973, quando il Verona sommerse il Milan del patron Nereo Rocco per 5-3 contro ogni pronostico strappando lo scudetto dalle maglie rossonere e consegnandolo alla Juventus. Una domenica indimenticabile e fantastica, che però nel cuore del bergamasco Giancarlo Cadè, nativo di Zanica, lasciò pure l’amaro in bocca perché nella sua città si consumava la perfida vittoria del Vicenza che, grazie a un autogol, mandava in serie B l’Atalanta. Accanto a lui quel giorno, sulla panchina del Verona, c’era un altro mito nerazzurro, il portiere Pierluigi Pizzaballa. Cadè ha allenato una sola volta l’Atalanta, nella stagione 1975-76 tra i cadetti, terminata con l’esonero a tre giornate dalla fine. Toccò poi a Gianfranco Leoncini vincere le restanti partite e allontanare lo spettro della retrocessione. L’amarezza più grande, invece, l’esonero in pieno giugno quando, nel 1970-71, aveva condotto il Torino alla finale di Coppa Italia, che avrebbe vinto battendo ai calci di rigore il Milan guidato in campo da Gianni Rivera. Due anni dopo al Bentegodi dimostrò che con la sua tattica sarebbe riuscito a superare la corazzata rossonera alla guida di una squadra di provincia. Ma Giancarlo Cadè si era fatto già la fama di ammazzagrandi il 1° giugno 1967, quando all’ultima di campionato il Mantova da lui allenato sconfisse l’Inter di Helenio Herrera, reduce dalla finale di Coppa dei Campioni persa con il Celtic Glasgow. Anche in quella occasione scudetto alla Juventus. Insomma, Cadè dovrebbe trovare posto nella grande bacheca della Signora. Lui che era un gran signore.

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