Gli Europei indoor di atletica leggera a Praga regalano all’Italia due medaglie d’argento e una di bronzo. Tre podi, il primo dei quali centrato nel salto in alto da Alessia Trost alla vigilia del suo 22esimo compleanno, 37 anni dopo l’impresa di Sara Simeoni, che il 31 agosto 1978 saltava 2,01 sulla collina di Strahov. La friulana sale fino a 1,97, la stessa misura ufficiale della coetanea russa Marya Kuchina, che conquista l’oro per aver commesso un errore in meno. Dopo 24 ore ecco Silvano Chesani che imita la collega di specialità e vince l’argento nell’alto, superando al secondo tentativo la quota di 2,31, la stessa che consente al russo Daniyil Tsyplakov di aggiudicarsi l’oro (per minor numero di errori). Sulla pista, invece, medaglia di bronzo nei 1500 metri per la 20enne , con il tempo di 4:11.61 (oro all’olandese Hassan, in 4:09.04). Completa lo score italiano nelle finali il quarto posto di Michael Tumi nei 60m, con un 6.61 che dista un solo centesimo dal podio.
Il confronto con il passato non assegna all’Italia di Praga un valore particolare (nelle ultime quattro edizioni, in termini di punti, avevamo fatto meglio; il risultato del 2015 migliora quello del periodo 1996-2005). Ma è innegabile che, viste le premesse della vigilia, con le defezioni dell’ultimo momento di uomini come Fassinotti e Donato, e di qualche assenza per ragioni di diversa programmazione (Grenot, per fare il nome più significativo), l’esito di questa rassegna sia largamente superiore alle aspettative. Al di là dei numeri, poi, contano elementi sostanziali ed incontestabili, come lo sbocciare della Trost e della Del Buono, la rinascita di Silvano Chesani, il ritorno di Michael Tumi. Resta però il sapore bellissimo delle tre medaglie italiane a dare corpo e voce all’atletica italiana.