Martina Caironi
Cari bergamaschi,
è da Bologna che vi scrivo, anche qui siamo in una
bolla. Siete abituati a leggere delle mie imprese
sportive, ma ora ogni cosa è stata stravolta. Oggi
vi voglio mandare tutto l’incoraggiamento
possibile per uscire da questa situazione. Perché
finirà. Vi vedo da lontano, vedo la mia città
piangere, in tutti quei luoghi in cui sono cresciuta;
vi vedo scalare la vetta più impervia, la via mai
solcata dove soffia un vento gelido. Vedo via Borgo
Palazzo, dove prendevo l’autobus per andare a
scuola, ora tragitto per le salme che non trovano
luogo al cimitero della città.
Molti non ce l’hanno fatta. È di fronte ad una
perdita così grossa che avremo il diritto di tornare
a vivere al massimo, di respirare l’aria a pieni
polmoni, di apprezzare quella normalità che ci è
stata tolta.
Vi parlo dal cuore, senza poter immaginare il
dolore che molti di voi stanno provando, senza
poter immaginare il sacrificio di chi non può
vedere i propri cari malati, oppure di chi fa turni
massacranti; di tutti voi che vi svegliate la
mattina e sperate che sia stato solo un brutto
sogno. Pensiamo. Pensiamo in questi giorni a cosa
potremo fare dopo, come potremo rialzarci,
reinventarci a volte; pensiamo a quello che è
andato storto, alle responsabilità personali e di chi
ci governa. Pensiamo e facciamo in modo che non
si ripetano, perché è restando uniti davvero che le
cose si cambiano, ve ne siete resi conto?
Basta qualcuno che non si unisce al monito di
«iorestoacasa» ed ecco che il disastro è alle porte.
Quando l’anno scorso, la mia prima volta in
Giappone, vidi tutte quelle persone per strada con
le mascherine, mi chiesi come mai lo facessero;
l’aria è pulita anche in città, perché usano molte
vetture elettriche.
Poi mi spiegarono che chi è malato si copre bocca e
naso per non contagiare gli altri. Se anche noi
agissimo sempre con questo rispetto nei confronti
degli altri sarebbe tutto molto più facile.
E poi mi sento di chiedervi se anche voi avete
riflettuto su quanto sia difficile trovarsi
all’improvviso ad essere bisognosi e non avere i
mezzi per guarire. È terribile, vero?
Una volta che la vivi in prima persona, tutto
cambia, o dovrebbe. Fino a quando non ho perso
mezza gamba non avevo mai riflettuto sul
privilegio di averne due.
Ora ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati ad
andare a pranzo dai genitori la domenica, quanto
siamo fortunati ad andare a scuola, quanto
abbiamo e quanto possiamo perdere?
Anche noi atleti abbiamo visto il nostro sogno
allontanarsi, Tokyo2020: Olimpiadi e Paralimpiadi
sono state rimandate al 2021, per il bene di tutti.
È guardando al futuro che possiamo tenere duro e
prepararci al meglio per quello che verrà.
Resistete cari bergamaschi, non è finita qui!