La scalata al tetto del mondo

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Federica Sorrentino

C’è chi prende come riferimento la quota dell’Everest per cimentarsi in ipotetiche scalate, in bicicletta o a piedi, L’alpinista e scrittore Simone Moro, il quale ha scalato quattro volte la montagna più alta della Terra, spiega quali sono le reali condizioni ambientali e le difficoltà che si incontrano nell’affrontare il dislivello, oggetto di prove virtuali a piedi o in bicicletta.

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C’è una bella differenza tra simulare lo sforzo della salita all’Everest salendo le scale di casa e la vera e propria scalata. Non tanto e non solo uno sforzo muscolare, perché se è vero che il dislivello è quello, è anche vero che a 8000 metri c’è un quarto dell’ossigeno che respiriamo qui da noi o a livello del mare. Ciò significa ridurre la capacità muscolare del 90-92%. Infatti, su 1200-1300 metri di dislivello, in un’ora a quota 8000, riesco a percorrere 60-70 metri. Senza considerare poi l’ipotermia, la sottoalimentazione, la sottoidratazione. Ci si trova in un luogo fuori dal mondo, dove non si prova la sensazione di fame né di sete, ma si avverte un bisogno calorico e idrico pazzesco. Come detto, si può simulare il dislivello ma non è neppure paragonabile a quello vero”.

Simone Moro ha scalato per quattro volte il gigante himalayano. Quale condizione psicologica si vive nell’affrontare la montagna più alta della Terra?

La preparazione psicologica è fondamentale per scalare una montagna di 8000 metri. Stiamo parlando di un colosso di dimensioni tali da contenere 40 volte la mole del Monte Bianco. Si è lenti a salire, si è lenti a scendere, bisogna osservare l’andamento delle condizioni metereologiche, controllare la propria velocità, le condizioni della neve, il cambiare delle sensazioni fisiche. Bisogna essere concentrati non solo sulla scalata, ma anche su tutto una serie di fattori che sono determinanti”.

Quale significato e quali obiettivi sono racchiusi in una impresa alpinistica estrema?

L’alpinismo è stato definito la conquista dell’inutile. Andare in cima una montagna di 8000 m non cambia la storia dell’uomo, però cambia la storia di chi porta a termine l’impresa. La montagna è una metafora della vita, per scalarla bisogna avere un sogno, trasformare il sogno in intenzione, l’intenzione in progetto e poi metterlo in atto. Esattamente ciò che capita a qualsiasi grande imprenditore, artista o uomo che voglia perseguire un proprio obiettivo”.