Federica Sorrentino
Sono trascorsi 60 anni da quel pomeriggio del 3 settembre in cui Livio Berruti corse la più bella gara di sempre, segnando in modo indelebile la 17esima edizione dei Giochi Olimpici. Nel corso della sua vita avrà ripassato centinaia di volte quei momenti, ma ha fatto sempre riferimento al volo di colombe sullo stadio olimpico di Roma, che ha preceduto lo start, e al tempo che ha trascorso studiando in attesa di correre la finale. Quali elementi le hanno consentito di dominare i 200 metri in quella circostanza?
Sicuramente la giusta meccanica di corsa. È stata una corsa piena di velocità e soprattutto c’è il ricordo del valore della vittoria. C’era in me la curiosità di vedere cosa si potesse fare perché più l’avversario è importante e valoroso, più ti stimola superarlo.
Livio Berruti è entrato di diritto nella Hall of Fame, ma prim’ancora nell’associazione atleti azzurri d’Italia, il cui primo raduno nel 2014 a Bergamo l’ha visto acclamato da sportivi di ogni generazione. Cosa ha rappresentato per lei quella manifestazione e quali ricordi ha conservato?
Ricordo il calore e l’atmosfera della popolazione e il modo in cui siamo stati accolti. Un messaggio di cultura, un momento di affiatamento, amicizia, sorrisi e gioia. Bergamo ha rappresentato in maniera ottimale questi elementi, dando a tutti la sensazione di sentirsi a casa loro.
Alle Olimpiadi di Roma era presente anche un mezzofondista di nome Gianfranco Baraldi, bergamasco di adozione, che poi avrebbe ricoperto per dodici anni, dal 2005 al 2017, la carica di presidente degli atleti azzurri d’Italia. Com’è nata la vostra amicizia e cosa vi lega in particolare?
Era un mezzofondista con molte abilità da velocista, era ironico, con una grossa umanità e un grosso amore per lo sport e soprattutto ha sempre avuto e conservato quell’ironia e quel senso di trasgressione che è tipico dei velocisti. Gli ho persino dato un attestato di partecipazione al gruppo di velocisti. È un grande amico, un esempio di come fare sport con disinvoltura, in maniera goliardica e priva di drammi, ma soprattutto con il sorriso.
Per cosa meritano di essere ricordati i giochi olimpici di Roma?
È stata un’apoteosi di umanità e amicizia. La sensazione di appartenere a un mondo senza barriere, un ambiente familiare dove tutti si sentivano a loro agio. Un senso di libertà e uguaglianza tale da rappresentare nel modo migliore lo spirito olimpico.13