È già passato un anno da quell’ultima volta. Sì, l’ultima volta che abbiamo potuto assistere allo stadio ad una partita dell’Atalanta era proprio febbraio del 2020. Il nostro club in quell’occasione ha portato sei bus di tifosi sul piazzale di San Siro. La partita è stata fantastica nel vero senso della parola, perché qualsiasi tifoso con qualche anno di tifo incondizionato sulle spalle mai si sarebbe aspettato di giocare una partita di Champions, a San siro, vincendola clamorosamente. Come potevamo immaginare quello che stava per accadere?
Come potevamo sapere che sarebbe stata l’ultima partita vista allo stadio? Soprattutto, tutti noi pensavamo che la nostra partecipazione alla Champions fosse un caso eccezionale, un anno fortunato che non si sarebbe più ripetuto.
Indelebile il ricordo di quell’urlo a fine inno della competizione, quel “the Champions” alzatosi da tutti i settori dello stadio e arrivato fino alla Madonnina del Duomo. Ignari, come dicevo, di quello che sarebbe successo, ce ne siamo tornati a casa colmi di gioia irrefrenabile, ma già con la testa alla partita della domenica che si sarebbe dovuta disputare a Bergamo contro il Sassuolo. La realtà è che da allora siamo tutti orfani dello stadio. Da allora abbiamo iniziato a seguire i nostri ragazzi dalla tv nelle nostre case e con i nostri cari.
Per noi tifosi è cambiato il mondo ma per fortuna la dea ha saputo regalarci emozioni straordinarie, culminate con la seconda qualificazione alla Champions e addirittura con l’incontro che vedrà l’Atalanta confrontarsi niente meno che con il Real Madrid. Un appuntamento straordinario, il più importante della storia del club.
Immagino cosa sarebbe potuto accadere se avessimo potuto andare allo stadio. Il fermento del popolo neroblu per accaparrarsi il biglietto, per non parlare della partita di ritorno a Madrid. Invece è tutto diverso.
È tutto più smorzato. È più smorzata l’attesa cosi come tutto il contorno del classico rito che ogni atalantino ha nel suo andare all’Atalanta. Ci si guarda negli occhi e la gioia e l’entusiasmo che sono scatenati da questo evento vengono immediatamente velati da una sorta di malinconia perché ci si rende conto di cosa vuol dire avere nella propria città la presenza del xlub calcistico più titolato ed essere costretti a seguire l’incontro davanti alla tv come se l’evento fosse dall’altra parte del mondo .
Dalla finestra del mio soggiorno vedo chiaramente le luci dello stadio e ogni volta che la dea gioca a Bergamo i miei occhi prima dell’inizio del macht si inumidiscono.
Si insinua la paura che quando la pandemia sarà finita la nostra squadra non sarà più in Champions e questo raddoppia la tristezza. Poi la vedi giocare e pensi che forse sarà un altro anno fantastico
Dal punto di vista strettamente calcistico mi sembra pazzesco poter dire che questa Atalanta può giocarsela persino con il Real Madrid. Noi che facevamo fatica a giocare contro il Livorno o il Siena o il Catanzaro, oggi gonfiamo il petto affermando che possiamo giocarcela con tutti.
Grazie quindi ai ragazzi, un grazie enorme a mister Gasperini perché siamo consapevoli che una grossa fetta di merito sia esclusivamente sua. Ma se questo è potuto accadere, è perché abbiamo una Società alle spalle straordinaria e prima tifosa della squadra. E allora vai Dea, gioca senza paura, stupisci ancora i tuoi straordinari tifosi che faranno tremare le mura di tutte le case bergamasche. In attesa di poterti abbracciare ed esaltare con i fantastici cori allo stadio.
Paolo Tintori
Presidente Club amici dell’Atalanta di Boccaleone
Consigliere del centro di coordinamento dei club amici
C’erano i miei arcangeli Gabriele e Raffaele, Giovi, Claudio, Paola e Davide. Si era aggiunto anche Dylan, amico di mio figlio. “Se vinciamo stasera – dissi viaggiando in metro da Sesto San Giovanni – diventi il nostro amuleto”.
Fuori e dentro lo stadio ci si sentiva a casa: Bergamo aveva invaso Milano e San Siro. Ogni angolo e ogni volto era familiare. Un’atmosfera magica, l’ultimo bagno di una folla neroazzurra ignara dell’incubo. Dopo il 4-1 memorabile finimmo per abbracciare chiunque sugli spalti, lungo le scale delle torri e sulla via del ritorno, ubriachi di neroazzurro. Mangiai mille panini, per sciogliere la tensione, in una notte insonne e indimenticabile. Ricordo ogni istante, riassaporo quella magia e manterrò la promessa fatta a Dylan: torneremo di nuovo a riveder (dal vivo) le stelle, quelle della Champions.
Giambattista Gherardi
Atalanta Club Valgandino