Gennaro Ivan Gattuso è stato presentato ufficialmente quale ct della Nazionale italiana e che ha il compito di portare a compimento l’obiettivo di assicurare all’Italia la partecipazione ai Mondiali 2026.
L’esordio sulla panchina azzurra è previsto per il 5 settembre a Bergamo contro l’Estonia, poi l’8 a Debrecen ci sarà Israele; a ottobre altre due gare con le stesse avversarie ma sedi invertite, prima del rush finale di novembre, in Moldova e in casa con la Norvegia.
“È un sogno che si avvera e spero di essere all’altezza del ruolo – ha esordito Gattuso in fase di presentazione -. Il compito non è facile, ma di facile nella vita non c’è nulla. Sappiamo che c’è tanto da fare, ma abbiamo anche la consapevolezza di poter svolgere un grande lavoro. C’è poco da dire, c’è da lavorare, andare in giro e parlare coi giocatori, trasmettendogli cose positive, entrando nella loro testa. Sento dire da tanti anni che in Italia non abbiamo talento, ma penso che i giocatori ci siano: bisogna metterli nelle condizioni di potersi esprimere al massimo. L’obiettivo è riportare l’Italia al Mondiale ed è fondamentale farlo per noi, per il nostro calcio e per il nostro paese. Abbiamo le doti e le qualità per poterlo fare”.
Rispondendo alle domande dei giornalisti sul tipo di lavoro da fare per ricostruire psicologiamente la squadra, Gattuso ha risposto: “La Nazionale ha bisogno di entusiasmo e voglia di stare insieme nei momenti di difficoltà, di essere uniti. Chi viene a Coverciano deve farlo con entusiasmo, per creare una famiglia: i moduli, la tecnica e la tattica contano, ma la priorità è tornare ad avere un gruppo forte e quella mentalità che per anni ci hanno contraddistinto”. “Ricevuta la chiamata non ho esitato un istante, anche perché sono convinto di avere una squadra forte: ecco, non i singoli giocatori, ma una squadra. Stare fuori due volte fuori dal Mondiale è dura per tutti, perché la maglia della Nazionale è pesante e non è semplice gestire la pressione. Eppure, la parola paura non deve esistere, perché con quella non si va da nessuna parte. Il mio lavoro in Nazionale cambierà, la quotidianità sarà diversa rispetto a quella nel club, ma il calcio è la mia vita: quando mi alzo non vedo l’ora di parlare di calcio. In questo primo periodo stresserò i miei colleghi di Serie A e quelli all’estero dove ci sono giocatori convocabili: l’obiettivo è andare a parlare con i calciatori, vedere le partite, prendendo treni e aerei e andando a cercare i migliori profili”.
“Dobbiamo essere bravi a reagire – continua nel suo racconto Gattuso -, solo reagendo si può uscire fuori da questa situazione. Con i giocatori cercheremo di creare una famiglia, dicendoci sempre le cose in faccia, anche quelle che fa meno piacere sentire. Bisogna essere uniti perché in campo, nei momenti di difficoltà, è il sentirsi soli la cosa più brutta, quando non senti la voce e l’aiuto del compagno di squadra diventa dura e 90’ diventano interminabili. Dobbiamo cambiare questo aspetto qui e aiutarci”.
“Ho pensato solo alle cose da fare e alle responsabilità, ma sentire i miei genitori così emozionati è stato speciale. La telefonata con Lippi? Spero di fare ciò che ha fatto lui: non alzare la coppa, bensì ricreare quell’alchimia di quello spogliatoio, tornare ad avere quel senso di appartenenza, vedere giocatori che vengono a Coverciano col sorriso, che stanno bene. Sarà importante entrare nella testa dei calciatori, parlando, dialogando e confrontandoci: ognuno di loro è diverso e siamo noi ‘grandi’ a dover andare incontro alle loro esigenze ascoltandoli”.
“In questo momento – conclude Gattuso – la Serie A ci dice che abbiamo il 40% di squadre che giocano con la difesa a 3 e il restante a 4, ma non è una questione di moduli, bisogna mettere i giocatori al posto giusto e in ottica qualificazione aggiustare la differenza reti, quindi segnare, avere una squadra a cui piace stare nella metà campo avversaria, mettendola nelle condizioni di creare e riuscire a fare male agli avversari. I moduli in questo momento lasciano il tempo che trovano: è il come vogliamo stare in campo la cosa più importante e negli allenamenti voglio gente che corre a cento all’ora senza risparmiarsi”. (Fonte: Figc)