di Raffaele Avagliano
Premessa. È da quando avevo 7 anni che pedalo in sella a una bici da corsa senza mai aver ottenuto un risultato degno di nota. Ed è sempre da quell’età che m’incanto davanti alla tv per le grandi Classiche. Più del Giro e del Tour, mi esalto per le corse in linea di un giorno. Soprattutto per le più prestigiose: le cinque Classiche Monumento.
Così, qualche anno fa, feci una sfida con me stesso: pedalarle tutte entro cinque anni. Una all’anno. Con due semplici regole: seguire pedissequamente lo stesso percorso dei pro’ e farla lo stesso giorno (al più il giorno prima per quelle del Nord, dove organizzano la versione “cyclo” per amatori, con le stesse strade chiuse al traffico).
Per un ciclista della domenica (sì, esatto, quello che magari avete clacsonato!) che non aveva mai superato i 200 km, era una sfida ardua. Eppure, in tre anni sono riuscito a portare a termine il Giro delle Fiandre (1° aprile 2017, 239 km, 17 muri), il Lombardia (7 ottobre 2017, 259 km, 3700 metri di dislivello), Roubaix (7 aprile 2018, 204 km di cui 54 di pavé), Liegi-Bastogne-Liegi (27 aprile 2019, 271 km con 4100 di dislivello). Che cosa è accaduto nel 2020 e 2021 lo sappiamo tutti.
Mi mancava insomma solo la Sanremo. La più lunga, la più difficile da organizzare per la logistica di chi si muove in autonomia. L’avevo programmata nel 2018 quando il giorno prima decisi di restare a casa causa maltempo. La stavo preparando nel 2020 e la sognavo per l’anno dopo sui rulli, mentre la pandemia ci chiuse tutti in casa.
Ripercorrevo nella mia mente le tante Sanremo guardate in tv: la prima di cui ho un ricordo è quella vinta da Gabriele Colombo, anno 1996. Ricordo la supremazia di Zabel in volata e quella fuga di Bettini con Celestino e Paolini del 2003, fino alle più recenti di Démare e la salita a ritmi sospetti, Kwiatkowski che batte Sagan e Nibali che se ne va sul Poggio.
Sabato mattina, alle 6.50, alla Chiesa Rossa, km zero della Milano-Sanremo non ero certo di arrivare in via Roma. In tv sono 260 km di noia: la soglia di attenzione sale solo dal Capo Mele in poi, anche se ci si diverte negli ultimi 6-7 km, dalla svolta a destra per il Poggio. In sella non è proprio così. Per affrontare i quasi 300 km, senza strade chiuse, ammiraglie al seguito e pubblico ad applaudirti, procedi a tappe. Un po’ come i treni: prima pausa a Voghera, per scoprire che non è solo il paese della famosa casalinga, ma anche una bella cittadina. Poi Ovada e il Turchino che definirlo “Passo” è davvero ardito. La bellissima discesa su Genova e l’Aurelia. Al km 160 circa, ad Arenzano, i pro’ – partiti tre ore dopo – ci hanno già raggiunti. Li vediamo passare mentre ingurgitiamo con avidità tre focacce. Da lì tutte le note località liguri di villeggiatura finché a Laigueglia s’inizia a salire sul Capo Mele.
Sono le 17.00 circa, 250 km nelle gambe e quando la strada sale mi accorgo che non vado più. Ho voglia di aranciata! In testa al gruppo, i miei compagni tirano ancora per arrivare prima del buio. Capo Cervo, Capo Berta. Stop! Datemi un’aranciata gassata! Due panini portati da casa, una lattina scolata ad Imperia e mi riprendo. La Cipressa la faccio tranquillo, mi godo il panorama e penso a cosa si perdono i pro’ andando a tutta. Discesa, buio, di nuovo sull’Aurelia a 35 km/h. Mi sento di nuovo bene, “battezzo” la ruota di Ezio e sul Poggio attacco. Mi gioco le ultime energie. Rallento 300 metri dopo. Fuoco di paglia, ma mi sembra di aver onorato la Classicissima. In cima, la mitica secca svolta a sinistra e picchiata verso la città. Non c’è più nessuno ad attendere il passaggio dei ciclisti. Sull’Aurelia solo il traffico ligure e via Roma bloccata dallo smontaggio delle transenne. La mia quinta e ultima Classica Monumento, 294 km e 1998 metri di dislivello, è portata a termine. 9 ore e 51 minuti pedalati, 12 ore in giro. I pro’ saranno già in albergo da un pezzo.
Sanremo è sinonimo di Pop. Lo scrivo con la lettera maiuscola perché senza La Pop non sarei riuscito a pedalare tutte le Classiche Monumento. La Pop è La Popolare Ciclistica (lapopolareciclistica.com). Più di una squadra, un’associazione. Che alla prestazione preferisce l’aggregazione. Con excursus perfino nella cultura e nell’impegno sociale. Ma senza mai prendersi sul serio perché siamo pur sempre dei ciclisti che non hanno mai vinto niente in carriera. Dei ciclisti che ascoltano il rock, ma che spostano l’arrivo della propria Classicissima davanti all’Ariston. Perché Sanremo è La Sanremo.