Alessandro Romele appare molto più maturo di quello che la carta d’identità potrebbe far pensare. Il 20enne di Lovere ha le idee molto chiare sul suo futuro compiendo un passo alla volta e raggiungendo così risultati prestigiosi.
Il giovane orobico ha appena concluso la propria esperienza con il Team Colpack-Ballan-CSB con cui ha conquistato la Coppa Zappi, il Gran Premio Liberazione, il Giro della Puglia oltre a una tappa al Giro d’Italia Next Gen riportando il tricolore sul gradino più alto del podio dopo oltre un anno.
Romele è pronto a fare il salto tra i professionisti ritagliando un posto da protagonista con la maglia della Nazionale Italiana dopo aver conquistato la fiducia di Marino Amadori che lo ha chiamato per le varie competizioni internazionali, affidandogli anche il prossimo anno le chiavi della squadra azzurra.
Alessandro Romele, qual è il giudizio della tua stagione?
“Sicuramente buono perché gli obiettivi li abbiamo raggiunti. Qualcosa abbiamo lasciato indietro in merito a qualche appuntamento che abbiamo sbagliato anche come preparazione, però fa parte della crescita. Credo mi abbia consentito di imparare nuove cose, quindi sicuramente è buono”.
Hai vinto sia al GP Liberazione che al Giro d’Italia. Qual è stata la vittoria più bella e perché?
“A livello d’impatto sicuramente è stata quella del Liberazione, per come è arrivata e l’ho conquistata. A livello di vittoria in sé e per sé penso che quella del Giro sia stata più forte. Perché il livello dei partenti era sicuramente più alto visto che gli avversari erano poi gli stessi che ho incontrato al Mondiale o agli Europei”.
Fra gli juniores hai messo in luce tutto il tuo talento e, nonostante la giovane età, sei riuscito a confermarti anche fra gli Under 23. Quanto ha aiutato l’esser inserito in un team come la Colpack?
“Nel primo anno l’appoggio è stato il più importante che una squadra mi abbia mai dato perché ho avuto una serie di problemi fisici e non mi hanno mai lasciato solo. Sono sempre stato richiesto, aspettato e calcolato perché forse avevano visto qualcosa in me oppure perché avevo dimostrato qualcosa che li spingesse ad attendere una mia esplosione. Sicuramente è stato importante delle figure della squadra come Antonio Bevilacqua o Rossella Dileo che mi hanno sostenuto. Quest’anno è stato diverso dove l’appoggio è stato più legato alla preparazione e alle gare, dimostrando come la Colpack assomigli a una squadra Professional. Per quanto riguarda ciò che ha bisogno un corridore sono stati perfetti da gennaio a Calbe sino a qualche giorno fa alla Parigi-Tours Espoirs dove ho chiuso la mia esperienza”.
Al termine di questa stagione hai deciso di passare fra i professionisti. Cosa ti aspetti e quali sono i timori per questo salto?
“Non sarà un passaggio diretto perché ho firmato un triennale con una squadra del World Tour dove inizialmente farò ancora parte del team Development con la possibilità già di correre con i professionisti. Penso che oggi come oggi sia l’avvicinamento migliore che un ragazzo possa avere lasciando da parte certe eccezioni che a mio parere sono veramente ridotte. Facendo questo percorso nel primo anno avrò occasione di imparare per poi lanciarmi direttamente fra i più grandi”.
Molti tuoi colleghi scelgono di affrontare anche la categoria Under 23 all’estero. Perché accade ciò? Non ci sono prospettive in Italia?
“Il vero problema non sono le prospettive, ma che piuttosto ci sono poche squadre come la Colpack e questo impedisce ai corridori di trovare spazio in una formazione di livello. Bisogna insistere maggiormente su questa problematica perché non è normale che la maggior parte dei ragazzi vada all’estero, anzi, significa che ci sono problemi. Negli altri paesi fanno sicuramente altri tipi di gare, anche in prospettiva Mondiali o Europei così come guardando verso il passaggio al professionismo. Penso che sia più utile fare più impegnative, come corse a tappe all’estero, che gareggiare in settimana e la domenica in Italia con magari 65 giorni di corsa in tutto l’anno, ma con una lista di partenti non all’altezza. Sono competizioni che magari non ti regalano il risultato, ma ti danno sicuramente più esperienza anche in termini di preparazione”.
Hai preso parte in Nazionale sia ai Mondiali che agli Europei oltre che al Tour de L’Avenir ritagliandoti uno spazio importante. Ti puoi considerare un pilastro della squadra azzurra?
“Con Marino ho un bellissimo rapporto. Abbiamo iniziato a lavorare assieme lo scorso anno con il Giro di Puglia e abbiamo concluso quest’anno con l’Europeo. Senza dubbio ha visto qualcosa anche lui in me, non soltanto in gare dove ho ottenuto il successo, ma mi sono mosso in determinati modi. Esser considerato importante mi fa solo che piacere e mi sprona ancor di più a cercare un ruolo da capitano in qualche occasione. Quest’anno avrei voluto far qualche risultato con la maglia azzurra. Purtroppo non sono arrivati, però penso di aver dato un ottimo contributo. Andando sempre a gareggiare all’estero con la maglia dell’Italia incrementi un bagaglio di esperienze che non puoi far con il club”.
Ti abbiamo visto ottenere i vari successo grazie a fughe da lontano. Ti puoi considerare un finisseur?
“In effetti sono arrivate più o meno tutte nello stesso modo, quindi magari è una caratteristica che ho. Ho comunque da imparare nuove tattiche perché probabilmente ho a disposizione diverse soluzioni, ma ancora non le conosco. Devo capire quindi come impostare la gara, magari proponendo attacchi più vicini al finale di corsa oppure arrivar con un gruppetto e giocarmela in volata dove non sono così fermo. Ci sono molti spunti che si potrebbero fare anche perché credo che non in tutte le gare si possa partire da lontano”.
C’è qualche atleta a cui ti ispiri?
“L’ho sempre detto, ma quest’anno lo posso dire ancor più fermamente: Mathieu Van der Poel. Perché è un corridore a cui vorrei tanto somigliare, ma anche per come gestisce la stagione preparando gli appuntamenti e concentrandosi soltanto su quelli sbagliandoli difficilmente. Quest’anno ha preparato il Mondiale di ciclocross vincendolo, poi si è spostato sulla Milano-Sanremo e sulla Parigi-Roubaix trionfando e infine ha conquistato il titolo iridato su strada. Penso non sia semplice correre in quel modo, ma a me piace moltissimo. Mi ricordo la fuga da lontano alle Strade Bianche 2020 che vinse e mi piacerebbe un giorno far come lui, senza bruciare le tappe”.
In conclusione, Alessandro Romele quali sono gli obiettivi per il prossimo anno?
“Correre il più possibile con i professionisti, ritagliarmi un posto con la Nazionale e poi cercare di far più esperienza per arrivar il più pronto possibile al 2025”.