La montagna presa in giro

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Bizzarria? Stranezza? Sfida all’inverosimile? L’allegro scalatore? Ai lettori libertà di pensiero per commentare l’avventura che Vittorio Brumotti, mister “bombazza” di Striscia la Notizia ed equilibrista del pedale, ha deciso di intraprendere tentando di salire in vetta all’Everest accompagnata dall’inseparabile bicicletta. Impresa in cui sarà assistito da Simone Moro, hymalaista e tra i più grandi alpinisti del mondo, stavolta in veste di trainer. Ovvero la guida e il suo cliente. Premesso che la Montagna è e deve rimanere il terreno pulito e fecondo per la libertà di pensiero, azione e sogno per ciascuno, la spedizione all’Everest del campione di bike trial Brumotti avrà sicuramente una veste spettacolare, grazie alla presenza costante di cineoperatori al seguito, ma rischia certamente di banalizzare il significato stesso dell’approccio all’inerpicata sul Tetto del Mondo. Dietro ogni spedizione sugli Ottomila, come pure alla conquista delle cime più aspre e difficili, è sostenuto da una profonda componente umana che fa dell’alpinismo una scuola di vita. Infondere l’idea che si possano fare acrobazie laddove, in altre circostanze, la fatica dell’uomo accompagna il cammino lungo i campi base, appare obiettivamente fuorviante. Brumotti insegue tre obiettivi: scalare con una bicicletta alcuni tratti dell’Everest, essere il primo uomo ad arrivare in vetta con una bici e, una volta messo piede sul tetto del mondo, compiere il maggior numero di salti sulla ruota posteriore. Ma allora questo è lo Show dei Record! Nel 1931 Giuseppe Mazzotti scriveva titolando “La Montagna presa in giro”. Un autorevole giornalista bergamasco che segue i temi della montagna, a proposito dell’impresa di Brumotti, ha chiosato che nessuno, sinceramente, ne sentiva la mancanza.

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