I veleni, che scorrono impetuosi lungo i canali mediatici, la fanno da padroni in avvio di stagione calcistica, annebbiando l’attenzione sui contenuti agonistici veri che dovrebbero rappresentare i soli argomenti alla base di ogni seria e composta dissertazione. Tutto lasciava presagire che le sentenze della giustizia sportiva, legate all’inchiesta sul calcioscommesse, avrebbero provocato subbuglio e reazioni a catena. D’altronde, come già sottolineato in precedenti riflessioni, l’approccio è notoriamente diverso da quella che si adotta nel campo della giustizia ordinaria, civile e penale. L’atto di accusa unilaterale può risultare talmente credibile ma non poter essere controbilanciato da un’adeguata possibilità di difesa. Si ragiona, in generale, su fatti e indizi: se concordano, scatta la pena. Un processo ordinario, osservano i dirigenti sportivi, può durare anni. Per superare gli ostacoli il Coni si è già espresso per adottare una mini riforma della giustizia sportiva che preveda 90 giorni per concludere l’inchiesta e non più di quindici giorni per il processo, con due gradi di giudizio, il primo dei quali all’interno di una corte federale. Intanto, però, il calcio si confronta sull’esito dei procedimenti e la congruità delle condanne. Lo sfogo di Antonio Conte, il tecnico juventino che paga con dieci mesi di squalifica per fatti imputatigli ai tempi in cui era alla guida del Siena, è sintomatico del clima rovente. Viene visto e considerato nella sua veste di tecnico della Juventus, costretto a stare lontano dalla panchina e dalla squadra quando è il momento di giocarsela sul campo. E la difesa a oltranza imbastita dalla società bianconera, quantunque legittima nella forma e nella sostanza, rischia di trasformarsi in una sorta di boomerang. Perché in realtà Antonio Conte meriterebbe di essere preso in considerazione per il suo comportamento che ne ha contraddistinto la carriera, di calciatore prima e di allenatore ora. Un uomo di sport dimostratosi serio e rispettoso delle regole, che ha tirato sempre dritto per la sua strada e si è trovato, suo malgrado, a confrontarsi con persone e collaboratori (tali sono i calciatori) diventati improvvisamente ostili. Può capitare di scivolare negli incubi e finire travolti dalla piena di accuse che non t’aspetti. Chi volesse esprimere solidarietà a Conte dovrebbe farlo al di là della passione juventina, altrimenti gli farebbe torto. Così come umilierebbe altri tesserati che, meno noti, sono finiti nell’ingranaggio della colpevolezza, pur professando estraneità ai fatti imputati.
Basterà dare uno sguardo alle classifiche, con i tanti asterischi riferiti ai punti di penalizzazioni inflitti, per capire quanti e quali strascichi si porta dietro l’inchiesta sul calcioscommesse. C’era e c’è bisogno di pulizia. C’è chi paga tanto, chi poco in confronto alle pesanti ammissioni e alle forti responsabilità, chi per niente. Il mondo della giustizia sportiva ha dato una serie di scosse. La vera rivoluzione della stagione 2012-2013 doveva essere riassunta dalla panchina lunga, con una dozzina di calciatori a bordo campo a disposizione del mister, e dagli arbitri di porta. Speriamo di parlarne, con i riflessi che le novità comportano, una volta dato il calcio d’inizio al campionato.